Società

Silvia Salis, la donna che vuole cambiare le regole

Ripubblichiamo questa intervista a Silvia Salis che è stata eletta, il 26 maggio 2025, sindaca di Genova.

Prima che voi vi alziate dal letto, Silvia Salis ha già corso 10 chilometri. «Mi sveglio e sto un’ora sul tapis roulant», spiega. Ogni mattina? «Ogni mattina». In effetti Salis, ex atleta, di strada ne fa e ne ha fatta. Da figlia del custode del campo di atletica, a Genova, alle Olimpiadi come lanciatrice di martello, fino alle più alte cariche: è la prima vicepresidente vicario del Coni – «Anche se sognavo di diventare sindaco da piccola». Neo-eletta in una giunta che, pur avendo bocciato l’unica candidata alla presidenza, Antonella Bellutti – prima in 107 anni di storia dell’ente –, conta altre quattro donne.

Un risultato raggiunto grazie al 30% di quote rosa obbligatorie stabilite nel 2018.

«I posti erano quattro, siamo state elette in cinque. Capisco chi non ama questo meccanismo perché fa sentire le donne riserva indiana, ma il cambiamento va aiutato: senza quote sarebbe impossibile entrare in certi ambienti. Parlo del mio: tutte le donne che finora hanno acceduto a ruoli dirigenziali di livello sono state grandi atlete. Per fare la commentatrice sportiva devi essere stata una campionessa. Agli uomini tutto questo non è richiesto».

La riforma dello sport, che prevedeva il passaggio dal dilettantismo alle garanzie del professionismo, molto attesa soprattutto dalle calciatrici, è stata rimandata dal governo al 2024.Il Coni l’ha osteggiata. Perché?

«Chiariamo che in Italia tutti coloro che fanno sport sono dilettanti, maschi e femmine, a parte in quattro federazioni in cui i maschi sono professionisti nelle serie maggiori (calcio, basket, golf, ciclismo, ndr). Il professionismo richiede risorse economiche che le federazioni non hanno: è sicuramente un’urgenza la riforma, ma è il governo che stanzia i fondi, non lo decide il Coni».

Che cosa manca allo sport femminile?

«Emanciparsi dagli stereotipi degli sport “da maschio” e “da femmina”. Lo so sulla mia pelle, io che ho scelto il lancio del martello: mi dicevano: “Diventerai brutta”. Sui social ci sono tante madri che pubblicano foto di figlie vestite da principessa: va benissimo amare le principesse ma esaltare sempre e solo questi aspetti è limitante, ad alcune piace anche prendere a calci un saccone. Per questo Tokyo 2020 per noi è un’occasione unica: le bambine italiane vedranno le nostre atlete fare karate, judo, arrampicata…».

E a quelle atlete cosa serve? Il caso della pallavolista Lara Lugli licenziata perché incinta ha fatto discutere.

«Con la commissione atleti del Coni tre anni fa ho lavorato sul fondo di maternità per le sportive, 10 mila euro. Tanto? Poco? È il cosiddetto piede nella porta, ma un’ammissione importantissima sul fatto che lo sport è un lavoro, in attesa del professionismo».

Ha gareggiato in due Olimpiadi, Pechino e Londra: che cosa ricorda?

«È stato un grande sogno realizzato, anche se non ho mai preso medaglie. Spero che gli atleti che gareggeranno a questa Olimpiade possano farne altre senza restrizioni anti-Covid: noi dobbiamo scaricare un’app, non possiamo uscire dall’albergo, andare in un bar, allo stadio per le prime due settimane… A livello emotivo per un atleta questa volta è più difficile: io li sostengo tutti, in particolare Sara Fantini che lancerà il martello, ovviamente!».


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