Sigourney Weaver, parla la star di Avatar: «La mia vita tra due Jim»
Questo articolo è pubblicato sul numero 51 di Vanity Fair in edicola fino al 16 dicembre 2025
Sigourney Weaver vanta quasi cinquant’anni di successi, e non è frutto del caso o di un talento innato: discende da una famiglia legata al mondo dello spettacolo. Suo padre, Sylvester «Pat» Weaver, era presidente dell’emittente Nbc e sua madre, Elizabeth Inglis, un’attrice. Cresciuta in un ambiente che le ha trasmesso la passione per le arti sceniche sin da giovanissima, dopo l’Università di Stanford ha frequentato la prestigiosa Yale School of Drama. Poi il debutto nel 1976, con la serie Somerset. Il suo volto è entrato nell’immaginario collettivo tre anni dopo, con il ruolo di Ellen Ripley in Alien, un classico della fantascienza diretto da Ridley Scott, dove il suo personaggio è stato anche uno dei primi ruoli eroici a non essere interpretato da un maschio alfa pronto a combattere, ma da una donna normalissima costretta ad affrontare un pericolo extraterrestre.
Da allora sono passati 46 anni, durante i quali Sigourney Weaver ha recitato in pellicole come Aliens – Scontro finale, Ghostbusters, Una donna in carriera e i due film di maggiore incasso della storia: Avatar e Avatar 2; ha ottenuto tre nomination agli Oscar e vinto un Bafta e due Golden Globe. Il 17 dicembre torna nelle sale con Avatar – Fuoco e cenere, il terzo capitolo della saga di James Cameron, che lei non ha ancora visto: «La post-produzione è lunghissima, si arriva sempre a ridosso della data di uscita. Spero di vederlo presto!», dice.
Qual è il segreto di James Cameron? Quando stava per uscire Titanic, gli pronosticavano il più grande flop della storia del cinema. È successo lo stesso con Avatar e con il suo sequel. E anche con il secondo capitolo di Alien. Eppure, pochi mettono in discussione il suo ruolo di regista tra i più importanti degli ultimi cinquant’anni. Può rivelarci qualcosa che non sappiamo?
(Ride) «Jim Cameron fa solo quello che gli piace, non gli importa se qualcosa sia già stato fatto o tentato in passato: lui ha la sua visione. Pensi a Titanic e a certe reazioni quando si era messo in testa di farlo: “Tanto lo sanno tutti che alla fine la nave affonda”. Poi lui ti tira fuori un dramma romantico e noi restiamo a bocca aperta. Se un giorno farà un film su Cleopatra, sarà incredibile. Il mio consiglio per chi lavora in questo settore è sempre lo stesso: non scommettere mai contro Cameron, perché ci rimetterai pure la camicia».
Lei lo conosce da molto tempo. Che cosa lo motiva?
«Le dirò cosa non gli interessa: i soldi. Non è il tipo che dice: “Ah, se uso una tecnologia come la performance capture posso guadagnare parecchio”. No, il suo desiderio nasce sempre da una necessità profonda che ha a che fare con il progredire, lo spingersi oltre ciò che riteniamo possibile, sfidare il limite. Gli piace sperimentare in modo profondo, e non sceglie mai argomenti facili. Se pensiamo alla saga di Avatar, al tempo che gli ci è voluto per realizzare questi film e alla quantità di tecnologia che ha dovuto creare da zero per permettere al pubblico di vivere quei mondi esattamente come lui li aveva immaginati, è una vera follia. La sua pazienza, il suo perfezionismo e la sua determinazione non hanno eguali: non ho mai lavorato con un altro regista come lui».
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