Ambiente

Siccità: allarme Città Vino, fermiamo solo 11% acqua piovana

(ANSA) – SIENA, 01 APR – “Un ettaro di vigneto fa consumare
mediamente circa 500 millimetri di acqua a stagione, ovvero
5.000 metri cubi pari a 5 milioni di litri. Occorre fare rete
tra comuni limitrofi agendo insieme, dando priorità anche al
problema della dispersione dell’acqua”. Lo afferma il presidente
di Città del Vino, Angelo Radica, alla vigilia del Vinitaly.

All’associazione aderiscono 430 comuni italiani.
“E’ drammatico per il futuro dei territori del vino italiano
– prosegue Radica – constatare che riusciamo a raccogliere solo
l’11% dell’acqua piovana a causa di una rete infrastrutturale
non adeguata, mancanza di piccoli invasi e perdite idriche del
42%. Oltre agli investimenti già previsti per 3,9 miliardi di
euro (di cui 2,9 mld dal Pnrr) per rendere efficienti, sicure e
durature nel tempo le infrastrutture idriche; occorre investire
in ricerca ed innovazione, valorizzando il ruolo dei vitigni
‘antichi’ resistenti alla siccità, ma anche sperimentarne di
nuovi che siano resistenti e che abbiano bisogno di minore
risorsa idrica. Sempre con una gestione intelligente
dell’acqua”.

“E’ necessario programmare strategie sul breve e lungo
periodo – sottolinea Città del Vino – facendo sinergia fra
Comuni, Governo, Regioni, Università e centri di ricerca”.

“L’emergenza idrica ha avuto nell’ultima vendemmia, in alcuni
areali, risvolti estremi, per certi versi drammatici, e questo
impone nuove strategie di gestione delle risorse idriche –
aggiunge il presidente Radica -. Su questo tema i sindaci sono
chiamati a svolgere un ruolo strategico attivando nuove
iniziative. In molte aree sarebbero utili dei micro-invasi per
una più regolare distribuzione nei periodi estivi; vanno anche
attivate tutte le sinergie per il recupero delle acque reflue
che non devono più essere considerate un problema ma una
risorsa. Inoltre, i comuni possono favorire – compatibilmente
con gli strumenti di pianificazione regionale – minore
burocrazia e snellimento delle autorizzazioni nei casi in cui
non c’è un chiaro impatto paesaggistico ed ambientale”. (ANSA).


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