Veneto

Si toglie la vita dopo esser stato licenziato, la famiglia fa causa al megastore

Un dramma umano e lavorativo scuote la comunità veneziana. Un uomo di 55 anni, dopo trent’anni di servizio presso la catena di distribuzione Metro di Marghera, ha deciso di togliersi la vita in seguito a un licenziamento che lo aveva profondamente segnato. La sua famiglia, sostenuta dalla Cgil, ha deciso di intentare una causa contro l’azienda, ritenendo ingiusto il provvedimento che lo aveva allontanato dal lavoro e ipotizzando dinamiche interne poco trasparenti.

Secondo quanto riportato dal sindacato, il licenziamento era stato motivato da un presunto danno economico di 280 euro, suddiviso in 14 episodi. L’uomo avrebbe consigliato ai clienti di aggiungere confezioni di gamberi rossi alle loro spese per superare la soglia dei 250 euro e ottenere così la consegna gratuita, una pratica che – sottolinea Mirco Ferrarese, rappresentante dell’ufficio legale della Cgil di Venezia – avrebbe in realtà favorito le vendite dell’azienda, già provata da una fase di crisi e ridimensionamento.

Il lavoratore, stimato dai colleghi e attivo nel sociale, non aveva condiviso con i familiari la notizia del licenziamento, ma viveva una profonda frustrazione per quello che percepiva come un’umiliazione ingiusta. La famiglia, incredula di fronte alla contestazione economica così esigua, ha sollevato dubbi su possibili contrasti con la dirigenza che avrebbero potuto influenzare la decisione aziendale.

La Cgil ha deciso di impugnare il licenziamento e, successivamente, di sostenere la causa intentata dai familiari, non per un risarcimento economico – che ammonterebbe a 24 mensilità di stipendio – ma per una questione di giustizia morale. L’obiettivo, spiegano i legali, è ottenere il riconoscimento della dignità del lavoratore e denunciare il clima di crescente spersonalizzazione che caratterizza il mondo del lavoro.

“Parliamo di una persona che considerava la Metro la sua casa e che non ha retto l’onta di essere trattato come un ladro,” ha dichiarato Ferrarese. “Questa tragedia pone un interrogativo profondo sulle modalità di gestione delle risorse umane e sull’impatto che certe decisioni possono avere sulle vite delle persone.”

L’udienza davanti al giudice del lavoro di Venezia è fissata per il prossimo 6 giugno. La famiglia, sostenuta dal sindacato, spera che il processo possa restituire dignità alla memoria del loro caro e sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza del rispetto e dell’umanità nelle dinamiche lavorative.


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