Trentino Alto Adige/Suedtirol

Sì, i canederli sono anche italiani

La #storia si muove sul confine sottile tra leggenda e memoria collettiva, quello spazio dove i territori costruiscono il proprio carattere. Si racconta che un gruppo di lanzichenecchi, mercenari famosi per brutalità più che per galateo, fosse entrato in un’osteria del Trentino chiedendo cibo. Non una richiesta gentile. Per spronare l’oste, sequestrarono moglie e figlia e le costrinsero a cucinare sotto sorveglianza. In cucina c’era poco, quasi niente. Cipolle, uova, pane raffermo, latte, farina e forse speck. Ingredienti poveri, avanzi. Ma proprio lì entra in gioco una delle grandi costanti della storia italiana: l’ingegno domestico. Le due donne impastano il pane vecchio con quello che hanno, formano delle palle e le cuociono in acqua bollente. Un gesto semplice che diventa decisivo. I soldati mangiano, si saziano, si placano. Secondo il racconto si addormentano persino, tanto da arrivare a ricompensare le cuoche con monete d’oro. Un finale quasi incredibile, soprattutto per uomini noti per saccheggi e crudeltà. Che il racconto sia vero o no conta fino a un certo punto. È una storia potente perché racconta qualcosa di profondamente reale. Il cibo come strumento di sopravvivenza, la cucina come spazio di intelligenza pratica, non come folclore.

La prima raffigurazione riconducibile ai canederli compare ad #Appiano, in Alto Adige, ma è bene dirlo con chiarezza. Non stiamo parlando di un’invenzione improvvisa né di un piatto nato con l’arrivo di germani o di altre popolazioni. I #canederli sono, nella sostanza, gnocchi di pane. E gli gnocchi di pane hanno origini antichissime in #Lombardia e #Veneto, ben prima delle migrazioni medievali. Pane ammollato, rimpastato, cotto. Una tecnica diffusa in tutta l’Italia settentrionale, figlia di una civiltà contadina che non buttava nulla perché nulla poteva permettersi di buttare. Il mondo alpino ha poi codificato, raffinato e reso identitaria questa preparazione. In Alto Adige la #tradizione voleva che si mangiassero in giorni precisi della settimana, martedì, giovedì e domenica. L’aggiunta di carne, forse speck o pancetta, era riservata ai giorni di festa. Anche la festa, da queste parti, aveva regole.

Dentro una pallina di #pane c’è molto più di una ricetta. C’è una storia europea fatta di guerre, carestie, mercenari e comunità resilienti. C’è l’idea che la cultura materiale venga prima delle bandiere. E c’è una lezione che resta attuale: quando le risorse sono scarse, sopravvive chi sa trasformare il poco in qualcosa di buono.

Una pentola, pane raffermo e cervello acceso. Così, spesso, si è fatta la storia.

⌨️ Marco Pugliese

(La prima raffigurazione dei canederli, l’affresco nella cappella di castel d’Appiano risalente attorno al 1180)







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