Shipping, un altro anno perso per la decarbonizzazione
L’Organizzazione marittima internazionale (Imo) ha deciso di rinviare di un anno l’adozione del suo Net-Zero Framework (Nzf), il meccanismo globale di carbon pricing destinato a regolare le emissioni del trasporto marittimo. Una decisione che, pur motivata dalla necessità di chiarire alcuni punti tecnici, rischia di rallentare la transizione energetica di un settore che vale oltre il 3% delle emissioni globali. La mozione, presentata dall’Arabia Saudita e approvata a maggioranza dopo giorni di accese discussioni con gli Stati Uniti, rinvia ogni decisione al 2026, lasciando il settore in una nuova fase di incertezza.
Secondo uno studio di Rystad Energy, pubblicato alla vigilia del voto, l’attuale schema dell’Nzf presenta ancora lacune significative: in particolare, un forte squilibrio tra disponibilità di carburanti alternativi e domanda prevista, aggravato da limiti infrastrutturali e scarsa maturità tecnologica. “I progressi saranno probabilmente più lenti di quanto l’Imo si attenda”, spiega Junlin Yu, vicepresidente per la ricerca sulla supply chain di Rystad Energy. “L’industria è impegnata, ma i vincoli pratici impongono un approccio realistico. L’Imo deve sfruttare questo tempo per costruire un quadro più equo e applicabile”.
Lo studio di Rystad mette in luce anche un difetto strutturale nel cuore del sistema di compensazione previsto dall’Imo. Il meccanismo si basa sullo scambio tra due tipi di crediti: le Surplus Units (SU), generate dalle navi che riducono le proprie emissioni oltre gli obiettivi fissati, e le Remedial Units (RU), assegnate invece alle navi che non raggiungono i target. In teoria, chi inquina di più può acquistare SU da chi inquina di meno, contribuendo così a finanziare la transizione del settore. In pratica, però, le proiezioni mostrano che la domanda di RU — in particolare quelle di livello II (RU2), emesse dalle navi più distanti dagli standard — sarà molto più alta dell’offerta di SU almeno fino al 2035. Questo squilibrio strutturale rischia di creare un mercato “a corto di crediti verdi”, dove i prezzi tenderanno ad avvicinarsi al tetto massimo fissato per la penalità Tier II: 380 dollari per tonnellata di CO2 equivalente.
Entro il 2035, secondo Rystad, le penalità Tier I e Tier II potrebbero generare fino a 79 miliardi di dollari di entrate per il Net-Zero Fund, il fondo economico centrale del Nzf destinato a finanziare la decarbonizzazione dello shipping. Il rischio, però, è che il sistema si trasformi più in una raccolta di sanzioni che in un vero meccanismo di incentivi. Il limite di due anni per “bancare” i crediti di surplus, infatti, potrebbe scoraggiare gli investimenti anticipati in tecnologie a zero emissioni, in netto contrasto con il regolamento europeo FuelEU Maritime, che consente invece un accumulo permanente.
Come riporta Argus, la decisione dell’Imo ha suscitato delusione tra gli addetti ai lavori. L’organizzazione Transport & Environment (T&E) invita Bruxelles a “rafforzare ulteriormente” il proprio FuelEU Maritime — che impone riduzioni dell’intensità di gas serra dei carburanti marittimi del 2% nel 2025, 6% nel 2030, 14,5% nel 2035, 31% nel 2040 e 80% entro il 2050 — e a integrare nel prossimo Sustainable Transport Investment Plan (Stip) “robusti strumenti di sostegno economico per gli e-fuel, obblighi per le navi a zero emissioni e l’estensione dell’Ets marittimo nel 2026”. Anche gli operatori dell’idrogeno e degli e-fuel contavano su un chiaro segnale di mercato da parte dell’Imo per sbloccare i progetti industriali. “Segnale che non c’è stato: ci ritroviamo con un altro anno di incertezza”, denuncia Aurelia Leeuw, direttrice politiche Ue della Skies and Seas Hydrogen-fuels Accelerator Coalition (Sasha).
Source link