Sfida russa a Trump. Un piano alternativo per il futuro di Gaza
La nuova Guerra Fredda fra Stati Uniti e Russia si sposta all’Onu sul capitolo Gaza. A una settimana da quando Washington ha fatto circolare informalmente una bozza di risoluzione per avviare la fase due del piano di pace promosso da Donald Trump, Mosca ne presenta una sua che scardina i punti principali della proposta statunitense. Nel testo, visionato da Reuters e Channel 12, non solo non si menziona la smilitarizzazione di Hamas – considerata da Stati Uniti e Israele un passaggio imprescindibile – ma ci si oppone alla permanenza di Israele oltre la Linea Gialla, dove le Forze Armate israeliane (Idf) si sono già ritirate e dove si punta alla ricostruzione. Non solo. Secondo fonti diplomatiche, Cina e Russia hanno chiesto che il “Board of Peace” venga completamente rimosso dalla risoluzione. Nei piani americani sarebbe supervisionato da Trump e dovrebbe vigilare sulla transizione e sul comitato palestinese di esperti, oltre che gestire una questione cruciale: i finanziamenti.
La Russia punta a ribaltare i piani americani, anche se parla di “una controproposta ispirata dalla bozza degli Stati Uniti”, bozza che nei giorni scorsi Washington ha fatto circolare con un testo più sensibile al tema della nascita dello Stato palestinese. “Il nostro obiettivo è permettere al Consiglio di Sicurezza di sviluppare un approccio equilibrato, accettabile e unito” per la fine delle sostenibile delle ostilità, dice Mosca, che chiede anche “di presentare rapidamente una relazione al CdS, comprese le opzioni sul dispiegamento della Forza internazionale di stabilizzazione e insiste per “un accesso umanitario completo, rapido, sicuro e senza ostacoli”. Il testo di Mosca, inoltre, “respinge qualsiasi tentativo di cambiamento demografico o territoriale a Gaza, comprese le azioni che riducono il territorio della Striscia” e “ribadisce il suo fermo impegno a favore della visione della soluzione a due Stati”.
Washington non la prende affatto bene. Un portavoce della missione americana ne fa una questione di malafede sulla pelle dei gazawi: “I tentativi di seminare discordia ora, mentre l’accordo su questa risoluzione è in fase di negoziazione attiva, hanno conseguenze gravi, tangibili e del tutto evitabili per i palestinesi di Gaza” commenta, aggiungendo che “il cessate il fuoco è fragile” e sollecitando “il CdS a unirsi e andare avanti per garantire la pace di cui c’è disperatamente bisogno”.
La mossa russa coglie di sorpresa gli Stati Uniti, che insieme a 8 Paesi arabi e islamici (Qatar, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Indonesia, Pakistan, Giordania e Turchia) chiedono l’adozione “rapida” della bozza americana in una dichiarazione congiunta in cui parlano esplicitamente di Stato palestinese. Secondo fonti diplomatiche, Washington spinge per un voto in Consiglio di Sicurezza già lunedì. Per passare, la bozza necessita di 9 voti favorevoli da parte dei 15 membri del Consiglio di Sicurezza e la necessità che nessuno tra i Paesi con un seggio permanente, tra cui ci Russia e Cina, opponga il proprio veto.
In attesa del ritorno degli ultimi tre ostaggi israeliani (chiuderà la prima fase), il rischio è che si torni alla guerra, come ha avvertito l’ambasciatore americano all’Onu Michael Walt, secondo il New York Times, che riferisce anche di un possibile incontro tra l’inviato Usa Steve Witkoff e il capo negoziatore di Hamas, Khalil al-Hayya. La situazione resta drammatica a Gaza, dove secondo Hamas servono più aiuti e 250mila tende.
In Cisgiordania resta altissima la tensione dopo gli attacchi dei coloni israeliani.
Sette autobus di attivisti che volevano aiutare i palestinesi nella raccolta delle olive sono stati bloccati. Per l’Onu, nel solo mese di ottobre i coloni hanno compiuto 206 attacchi, non accadeva dal 2006. Uccisi in due anni oltre mille palestinesi.
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