Ambiente

Serve la separazione dei prezzi delle rinnovabili dal prezzo del gas

Dopo vent’anni di incentivi alle rinnovabili, che generano quasi metà dell’elettricità consumata e hanno costi di installazione molto calati, siamo alle solite: prezzi elettrici alle stelle abbattono la competitività dell’industria italiana e costringono il governo a varare onerose misure di sostegno a carico dei contribuenti. Il colpevole è noto: il prezzo del gas. Nel mercato elettrico attuale, in cui confluiscono in “pooling” sia la generazione rinnovabile che quella termoelettrica, gli impianti a gas più costosi determinano il “prezzo marginale” che equilibra domanda e offerta quasi nel 100% delle ore annue. In tutti i Paesi dell’Unione, la percentuale di ore di mercato in cui gli impianti a gas determinano il prezzo equilibrio è molto maggiore della loro percentuale nel mix di generazione elettrica. Appena i prezzi del gas sono alti e variabili, lo diventano anche i prezzi elettrici spot. Quindi, niente trasferimento ai consumatori della enorme riduzione dei costi di installazione delle rinnovabili, ma inclusione in bolletta del costo degli incentivi.

Le soluzioni strutturali possibili sono solo di due tipi. La prima è tecnologica: sostituire il grosso degli impianti a gas con piccoli impianti nucleari. Purtroppo, per arrivarci serviranno un paio di decenni. La seconda è il “decoupling”, la separazione dei prezzi delle rinnovabili dal prezzo del gas. In teoria, si potrebbe modificare la struttura del mercato elettrico definita a inizio secolo, adattandola al mutato panorama delle tecnologie di generazione. In pratica, questa ipotesi è espressamente preclusa dalle Autorità di regolazione e dalla Commissione europea uscente, che fanno quadrato a difesa della struttura attuale, ritenuta “efficiente”. Visto che la riduzione dei prezzi è obiettivo fondamentale anche del Green Industrial Deal, annunciato mercoledì, non rimane che puntare ad un “decoupling economico”, all’effetto di calmiere auspicato dalle Autorità attraverso la ulteriore diffusione di incentivi o di contratti a lungo termine. Una soluzione che sinora non ha funzionato, perlomeno non a vantaggio dei consumatori, anche perché sia incentivi che contratti hanno come riferimento i prezzi spot influenzati dal gas. L’incentivo a lungo termine alle rinnovabili del “contratto a due vie”, unico ammissibile nella Ue, è offerto a latere e in aggiunta al mercato elettrico fisico. E’ uno swap, in cui l’elettricità rinnovabile prodotta è valorizzata non al prezzo spot, ma a un prezzo fisso, che incorpora anche una componente di incentivo. Il generatore, che non è obbligato ad accettare lo swap e rimane libero di tenere per sé gli alti prezzi spot del mercato fisico, pone l’incentivatore statale di fronte ad una scelta diabolica: se il prezzo fisso offerto è troppo inferiore al prezzo spot, si abbassa la percentuale dei generatori che accettano il “contratto a due vie”; se è di poco inferiore allo spot, si abbassa il trasferimento ai consumatori dei vantaggi costo delle rinnovabili. I “contratti a due vie”, restando correlati ai prezzi elettrici spot e quindi del gas, sono utili per incentivare le rinnovabili, ma poco adatti a trasferirne i cali di costo ai consumatori, su cui anzi addossano il rischio di prezzo di lungo termine.

Restano i Ppa, contratti a lungo termine tra privati, sinora poco diffusi. Il Gse come garante di un contratto Ppa rimuoverà il rischio di controparte, elevato in mercati con tanti piccoli operatori. Ma a prescindere dalle limitazioni che porrà il Mef, l’effetto di stimolo non è scontato. Per un generatore, resterà preferibile un contratto incentivato con lo Stato che un Ppa da negoziare. Per un’azienda, un Ppa rinnovabile va comunque accompagnato da un altro contratto per integrare il profilo di generazione richiesto. Per un trader, potrebbero rimanere ridotti i margini di assunzione di rischio prezzo su periodi estesi, senza indicizzazione almeno parziale o scadenze medio-brevi. In conclusione, nulla vieta di aspettare i frutti del progresso tecnico, sperando che il prezzo del gas resti basso e ricorrendo alla finanza pubblica quando schizza in alto. L’alternativa è chiara: senza sottovalutare le complessità del settore e la molteplicità degli interessi da contemperare, avviare in tempi brevi il ridisegno della struttura dei mercati fisici o perlomeno degli strumenti di incentivazione.

Senior Advisor, AFRY Management Consulting


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