Lazio

Scritto troppo bene per convincere

Lorena Vinzi si dà molto da fare per Tor Tre Teste e la sua dedizione non c’è bisogno che sia io a raccontarla. Ho letto quindi con grande interesse quel che ha scritto sull’arrivo di una famiglia in un condominio del nostro quartiere grazie a un progetto di inclusione sociale. Mi ha colpito: è scritto bene, tanto bene da poter fare molto bene, o molto male, a seconda della capacità del lettore di saper distinguere tra contenuto effettivo e carta regalo in cui è avvolto. Il vero omaggio da tributarle è, a mia umile opinione, non lasciarsi convincere da qualche slogan ben riuscito, ma dalla solidità o meno dei suoi argomenti.

Il tema è la casa. È un problema che angustia molti da molto tempo in Italia. Quando andai la prima volta a Londra, quarant’anni fa, gli amici mi dissero che gran parte di loro, pur se professionisti, vivevano in case statali per le quali pagavano un affitto mensile. L’Italia ha fatto altre scelte: ha fatto di moltissimi suoi cittadini dei proprietari di casa, il che riveste importanti vantaggi nell’economia nazionale, ma porta anche ai prezzi elevati degli appartamenti, che molti oggi non possono proprio permettersi, e alla scarsità delle case in affitto. Altri paesi hanno lasciato che nascessero smisurate favelas, ma se non è questo che vogliamo per noi, qualche modo per dare un tetto a chi non ce l’ha va escogitato. Una tana è un diritto per ogni animale, e tra questi ci siamo anche noi.

A Lorena Vinzi però non piace l’iniziativa di inclusione sociale che si vuole portare avanti qui a Roma – ed è condivisibile sotto diversi aspetti, a mio inesperto parere – ma su possibili alternative lei non ha spazio e modo di soffermarcisi. Ci informa però che la famiglia che verrà ad abitare pagherà «solo due lire» e che questo non è equità.

Purtroppo avrebbe dovuto parlare di mancata eguaglianza, perché l’equità, al contrario, è proprio ciò che giustifica il prezzo più basso che sarà loro richiesto: il dizionario Treccani definisce infatti l’equità come «giustizia che applica la legge non rigidamente, ma temperata da umana e indulgente considerazione dei casi particolari…». È proprio il caso di cui lei sta scrivendo. Tuttavia, alcune volte si sceglie una determinata parola perché chi ci ascolta non la usi con maggiore coerenza contro di noi, e non sappiamo se sia questa la ragione per cui lei ne faccia uso in questo contesto. Inoltre, così come è posta da lei la questione, si può arrivare ad addossare, a questa famiglia in difficoltà, la colpa dei prezzi esorbitanti che gli altri condomini hanno dovuto pagare per acquistarsi la casa.

I prezzi, è bene che lo ricordiamo, sono invece frutto di scelte politiche portate avanti per svariati decenni dai nostri governi, di ogni colore. È alla classe politica che si dovrebbe chiederne conto, mentre la Vinzi qui rischia di assolvere i propri colleghi con formula piena, condannando al loro posto quattro poveri cristi.

A questa famiglia in povertà la nostra autrice pare attribuire ogni possibile infamia, solo per prepararci, immagino, nel caso fossero dei delinquenti; se non lo fossero, d’altra parte, si sono istillati in questo modo timori e sospetti nei loro confronti che essi dovranno presto affrontare senza averne alcuna colpa. Nell’articolo sembra assodato che non pagheranno le spese condominiali in modo regolare, non seguiranno le regole comuni e non avranno rispetto degli altri condomini, e di sicuro ci saranno disordini come in altri quartieri prima del nostro nel recente passato.

Lei dice che non c’è alcun pregiudizio da parte sua – io sono sinceramente convinto della sua buona fede – ma mio malgrado dovrò di nuovo spiegare: «pre-giudizio» è esprimere giudizi su fatti e persone prima di poterli conoscere, ed è proprio ciò che lei qui sta facendo, a meno che lei non conosca già la famiglia a cui è stata assegnata la casa. 

È cosa pericolosa spargere rabbia e timore: è così che si rendono odiose all’opinione pubblica intere categorie di persone. Si addossa a tutti la colpa di pochi e chi è onesto passa la vita a dimostrarsi innocente. Quel che è successo in altri quartieri e a cui qui appena si accenna – proteste e incidenti – è spesso avvenuto prima che arrivassero i nuovi inquilini; si è trattato anche lì di “pre-giudizi”, per lo più alimentati dai politicanti locali.

È una tecnica ampiamente sfruttata in Italia quella in cui prima si afferma con sicurezza che l’arrivo di alcune persone porterà a disordini e scontri; si organizzano quindi manifestazioni che possano facilmente portare a disordini; e infine si addossa la colpa di tutto all’esasperazione della gente contro coloro dei quali, d’altra parte, non si sa altro semmai che il colore della pelle o l’etnia. Questo finora non è successo da noi, che io sappia, e lo dico quindi così, solo per completezza.

La nostra Lorena rigetta in modo esplicito di fare «opposizione all’accoglienza»: ho di nuovo il dubbio di aver travisato ciò che ci ha scritto. Chiedo perdono se questo è accaduto; ma solo io ho pensato che non volesse che queste persone venissero nel nostro quartiere? Se ho capito male, ne farò immediata rettifica e mi sottoporrò a pubblica pena. Se invece non mi sono sbagliato, negare di fare opposizione è il suo modo per scansare una possibile critica che la farebbe sembrare fredda e senza cuore.

Devo riconoscere, a mia vergogna, di non capire quale sia la soluzione che a lei risulti gradita. Forse è solo perché usiamo vocabolari diversi che faccio fatica a seguirla. Lei chiama «nuove periferie» – che i suoi avversari vorrebbero evitare che nascano – ciò che io e forse un po’ tutti chiamiamo «ghetti». In questi ghetti – li posso chiamare così? – lei vede la possibilità di «regole, equilibrio, responsabilità e rispetto reciproco»; io proprio non ce la vedo, ma forse è solo per via della mia poca salute. Quando starò un po’ meglio potrò capire se si tratta invece di una vecchia tecnica ben collaudata: cambiando il termine con cui chiami qualcosa, cambi il modo in cui verrà giudicata.

Avreste torto marcio a pensare che io non sia d’accordo con quanto sostiene Lorena Vinzi. Non ho la sua competenza e lascio a lei di indicarci la soluzione migliore. Vorrei solamente che non ci si facesse la guerra in base a posizioni ideologiche, convinti da qualche trucchetto retorico usato con abilità, perché, come lei stessa ci scrive, «… una città giusta non si costruisce con slogan» – anche se questa frase è un ottimo slogan. 

Ora però è meglio che taccia, perché, alla fine, la mia oramai cara Lorena elenca sicura ciò che realmente ci vuole e perentoria zittisce chi la pensi altrimenti: «Il resto è solo propaganda». È sempre norma di saggia prudenza etichettare le possibili critiche come prive di valore o cattive.

Dopo di questo non mi resta quindi che salutarvi tutti e mandare qualche minuto di pubblicità.

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