Emilia Romagna

Screening sull’epatite C in Emilia-Romagna, circa mille casi su mezzo milione di test


Oltre mezzo milione di persone si sono sottoposte al test gratuito per l’epatite C nell’ambito della campagna di screening promossa dalla Regione Emilia-Romagna tra il 2022 e il 2024. Di questi, poco più di mille sono risultati positivi, con quasi tutti i soggetti che sono stati avviati a un percorso terapeutico mirato.

Sono i primi risultati, giudicati positivi e incoraggianti, della più estesa valutazione mai condotta in Emilia-Romagna sulla diffusione del virus HCV nella popolazione. Lo studio scientifico è stato realizzato dall’Università di Bologna ed è stato recentemente pubblicato sulla rivista Viruses.

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I dettagli del test

Nel dettaglio, tra il 2022 e il 2024 si è sottoposto al test il 37% delle persone nate tra il 1969 e il 1989 (488.065 individui), e il 73% dei soggetti ritenuti ad alto rischio, tra cui detenuti e persone con dipendenze (19.732 persone). I casi positivi complessivi sono stati 1.032: un dato inferiore alle attese nella popolazione generale (circa 1 infetto su 1.000), ma più elevato e in linea con le previsioni tra i soggetti vulnerabili (24 infetti ogni 1.000 testati).

Nel contesto di questo impegno, la campagna dell’Emilia-Romagna si conferma una delle più efficaci a livello nazionale, sia per partecipazione che per risultati. I dati raccolti mostrano una prevalenza del virus in linea con quella dei principali Paesi dell’Europa Occidentale e significativamente inferiore rispetto all’Europa Centro-orientale.

L’obiettivo: eliminare l’epatite C virale

“L’Emilia-Romagna è stata tra le prime Regioni a partire con lo screening e continuiamo ad essere quella con la copertura più alta tra la popolazione generale ottenendo risultati concreti e utili a salvare vite – commenta l’assessore alle Politiche per la salute, Massimo Fabi -. Vogliamo concorrere al raggiungimento di un obiettivo ambizioso, fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità: eliminare l’epatite virale C come principale minaccia per la salute pubblica entro il 2030. Per questo è importante che sempre più cittadini decidano di sottoporsi allo screening, fondamentale per individuare i casi non ancora diagnosticati”.

Quali sono i “gruppi a rischio”

Nonostante, infatti, l’alta adesione allo screening anche in Emilia-Romagna, resta forte la preoccupazione per i ‘gruppi a rischio’, dove la diffusione è ben più elevata.

“Essere riusciti a identificare oltre mille soggetti infetti, permettendo loro di accedere alle terapie, rappresenta un passo fondamentale nella strategia di contrasto all’epatite C indicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità – spiega Lamberto Manzoli, professore del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna e coordinatore dello studio -. I livelli di partecipazione e le percentuali di positività tra i soggetti detenuti o tossicodipendenti confermano quanto sia strategico costruire iniziative mirate per questi sottogruppi spesso invisibili ai percorsi sanitari tradizionali – aggiunge Manzoli -. Ma serve anche una grande attenzione al post-diagnosi: in condizioni di vulnerabilità sociale, economica e psicologica, l’adesione alla terapia può essere più difficile. È su questi passaggi che dobbiamo ora concentrare le energie”.

L’impatto della malattia

L’epatite C è una malattia infettiva trasmissibile attraverso il sangue e rappresenta una delle principali cause di epatite cronica. A livello globale, si stima che colpisca circa 70 milioni di persone e provochi ogni anno 350.000 decessi. Per questo, l’OMS ha fissato l’obiettivo di ridurre del 65% la mortalità collegata entro il 2030.

Allo studio, pubblicato con il titolo “Prevalence of Hepatitis C in Emilia-Romagna Region of Italy: Population-Wide Screening”, hanno collaborato per l’Università di Bologna Gianmarco Imperiali, Matteo Fiore, Alessandro Bianconi, Esther Rita De Gioia, Cecilia Acuti Martellucci e lo stesso Lamberto Manzoli. Per la Regione Emilia-Romagna, hanno partecipato Giovanna Mattei, Giulio Matteo, Giuseppe Diegoli ed Esther Rita De Gioia.

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