Umbria

Scontro verbale e termini ingiuriosi alla Stranieri, annullata sanzione a prof


di Daniele Bovi

Il Tar dell’Umbria ha annullato la sanzione disciplinare inflitta a un professore dell’Università per stranieri di Perugia, accogliendo il ricorso presentato contro la sospensione dal servizio e dallo stipendio per quindici giorni.

Il caso La vicenda trae origine da un episodio avvenuto durante una seduta del Consiglio di Dipartimento, quando il docente – secondo il verbale – ha rivolto alla direttrice un’espressione ritenuta offensivo; negli atti in particolare si parla di uno «scontro verbale» condito da «un termine ingiurioso». Il confronto, innescato da divergenze sull’assegnazione di un insegnamento opzionale, aveva portato alla sospensione temporanea della riunione. Le scuse del professore avevano permesso la ripresa dei lavori, ma la direttrice aveva successivamente informato il rettore Valerio De Cesaris, segnalando l’accaduto. Palazzo Gallenga aveva quindi avviato un procedimento disciplinare che si era concluso con l’applicazione della sanzione sospensiva.

Il ricorso Il prof, difeso dagli avvocati Antonio Bartolini e David Crescenzi, ha contestato la ricostruzione dei fatti, sostenendo che l’espressione usata fosse ironica, priva di intento offensivo, e mirata a ridurre la tensione di un confronto acceso. Ma il Tar non si è soffermato sul contenuto dell’espressione o sull’intento del professore. Al centro della decisione, invece, ci sono quelle che la magistratura amministrativa ritiene gravi irregolarità nella composizione e nella conduzione del procedimento disciplinare.

La sentenza Il tribunale ha ritenuto fondati i rilievi riguardanti l’obbligo di astensione per due figure chiave: il presidente del Collegio di disciplina e il rettore. Il primo era stato presente alla seduta oggetto di contestazione ed era quindi, secondo il Tar, «portatore di una propria personale versione dell’accaduto», il che lo poneva in una condizione di potenziale interferenza con la necessaria imparzialità del giudizio. Il secondo, il rettore, aveva ricevuto segnalazioni e scritto email che, come rilevato dalla sentenza, lasciavano intendere un orientamento preventivo sfavorevole al docente. In particolare, secondo il TAR, «l’intendimento manifestato dal rettore si presta a essere letto come favorevole a priori all’accusatrice e minato da un condizionamento di segno negativo nei confronti dell’incolpato».

Conflitti A nulla è valsa la difesa dell’Ateneo, secondo cui De Cesaris non avrebbe potuto essere sostituito. I giudici hanno ricordato che lo statuto dell’Università prevede la possibilità di deleghe a prorettori o altri soggetti. Inoltre, hanno sottolineato che i poteri del rettore nel procedimento non sono meramente formali, ma «penetranti», incidendo significativamente sul suo andamento. Per il Tari quindi chi è coinvolto, anche solo indirettamente, nei fatti oggetto di valutazione disciplinare, non può partecipare al procedimento in qualità di giudice o istruttore. Un eventuale «conflitto di interessi potenziale», anche in assenza di una inimicizia conclamata, basta a compromettere la legittimità dell’intero iter.

Atti annullati Il Tar ha quindi annullato tutti gli atti impugnati. Le altre censure sollevate dal professore – come la mancanza di un regolamento interno per il Collegio di disciplina o l’insufficienza delle prove – sono state ritenute assorbite dall’accoglimento dei motivi principali.

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