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Sanzioni al petrolio russo, Cina e India devono correre ai ripari. E il prezzo del greggio aumenta

Alla fine Trump l’ha fatto: ha preso la decisione shock di sanzionare i due maggiori colossi russi – la società Rosneft, guidata da Igor Sechin, e la Lukoil, che insieme esportano la metà del totale del greggio del Paese, oltre tre milioni di barili al giorno. Era una mossa che temeva di compiere l’ex presidente Biden, che aveva però sanzionato a gennaio la Gazprom Neft e Surgutneftegaz. La Russia, con quasi cinque milioni di barili esportati al giorno, è una delle maggior fonti mondiali di greggio e l’azione statunitense, volta anche a piegare Mosca al tavolo dei negoziati, ha già conseguenze sui mercati.

Trump sanziona il petrolio russo: “Il presidente frustrato, non vede azioni del Cremlino per la pace”. Putin: “Atto ostile”. La Cina sospende l’acquisto di greggio russo

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Ultimo aggiornamento 11 ore fa

Il prezzo del petrolio ha raggiunto i 66 dollari al barile, aumentando più del 5%, ma nessuno rimarrà stupito se sfiorerà nei prossimi giorni i 70 dollari. Anche i prezzi del gas naturale hanno visto i prezzi lievitare di circa il 3% dopo l’approvazione del 19esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, che impone il divieto di importazione di gas naturale liquefatto a partire dal 2027.

Le principali compagnie petrolifere nazionali cinesi (PetroChina, Sinopec, Cnooc e Zhenhua Oil) hanno bloccato nelle ultime ore le importazioni di petrolio russo via mare, nel timore di subire conseguenze delle sanzioni Usa. Si appresta probabilmente a compiere la medesima azione il secondo acquirente di greggio russo: l’India, maggior esportatore via mare di petrolio russo, che importa tra il milione e mezzo e due milioni di barili al giorno.

Secondo gli analisti del New York Times, la decisione di Trump avrà, insieme, impatti simbolici e reali: il solo annuncio dell’emissione delle misure ha scosso subito i mercati; Trump ha capito che “Putin non farà concessioni né si impegnerà in una diplomazia significativa senza prima affrontare una forte pressione”. Analisti della Reuters dicono che è facilmente prevedibile che, dato il forte calo della domanda di petrolio da parte dei due maggiori partner di Mosca, le entrate del bilancio russo verranno “messe a dura prova”, mentre i principali importatori cercheranno forniture alternative: sarà questo a far salire i prezzi sui mercati globali.

Era la mossa più prevedibile dei partner di Mosca, la sospensione almeno temporanea dei contratti, finché non apparirà chiaro come verranno applicate le sanzioni che il presidente Usa ha definito “tremendous”, tremende: costituiscono il primo diretto intervento della sua amministrazione contro il Cremlino. Le conseguenze delle sanzioni non si vedranno a breve termine: “Danneggeranno certamente l’economia russa, che è già in difficoltà” ha dichiarato l’ex ambasciatore Usa in Ucraina, John Herbst, “ma penso che sia ingenuo aspettarsi che questo passo da solo spinga Putin a fare davvero la pace”. Ora Mosca avrà una nuova sfida: mantenere la sua stabilità finanziaria mentre la guerra continua. C’è pessimismo alimentato dai forti cambiamenti repentini, generati da scelte geopolitiche che favoriranno l’instabilità finanziaria, e una specie di ottimismo a Mosca, incoraggiato dalle dichiarazioni del Cremlino che promette la resilienza della sua economia.


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