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Sanders e Mamdani sfidano l’oligarchia statunitense dal palco di New York

“Siamo il popolo”. Con un messaggio di lotta alle diseguaglianze, apertura all’immigrazione, diritti sociali e civili, Zohran Mamdani e Bernie Sanders si sono ritrovati sabato sera sul palco del Brooklyn College di New York City. L’evento, cui hanno partecipato 1700 persone, è stato organizzato a sostegno della campagna a sindaco di Mamdani, che ha vinto le primarie democratiche con un programma progressista e che sta affrontando attacchi particolarmente violenti da parte di democratici moderati e conservatori. Nella campagna è anche intervenuto Donald Trump, che ha definito Mamdani “un comunista” e che appoggia l’attuale sindaco di New York, Eric Adams. Si vota il 4 novembre, in un clima di particolare incertezza e con risvolti politici non più soltanto locali ma nazionali.

Sanders è arrivato a New York nell’ambito di un tour politico che in pochi mesi ha toccato 21 Stati, raccolto 300mila persone e che ha un titolo inequivocabile: “Fighting Oligarchy” (“Lotta all’oligarchia”). Il senatore e il candidato sindaco sono saliti sul palco del Brooklyn College – l’alma mater di Sanders – accolti dall’applauso fragoroso di studenti e militanti. Mamdani è partito condannando la decisione di City University di licenziare quattro professori, che sarebbero stati allontanati per la loro opposizione alla guerra in Palestina. Tra il pubblico, si è immediatamente levato un coro: “Free, free Palestine!”. È quindi iniziata la parte più politica. Mamdani, la cui campagna è sostenuta dalla sinistra democratica newyorkese (hanno preso posizione a suo favore Cynthia Nixon e Alexandria OcasioCortez) ha detto che “New York City non è in vendita ai miliardari di Donald Trump, non è in vendita alle multinazionali, non è in vendita ai politici corrotti”. Il candidato, che propone un congelamento dei prezzi degli affitti e un aumento delle tasse per l’1 per cento più ricco della città, ha poi allargato il discorso su base nazionale, spiegando che in America oggi è in corso un vero e proprio “assalto ai diritti dei lavoratori”. Orgogliosa è stata però la rivendicazione del carattere locale di queste elezioni, turbate in questi mesi da continue interferenze esterne: “Questa è una città in cui sceglieremo, da soli, il nostro nome”.

Introdotto da Mamdani come “un’icona”, Sanders ha subito sottolineato il carattere di “movimento dal basso” della campagna del candidato democratico, lanciandosi quindi in un attacco all’oligarchia che è il tema del suo tour e che risuona a New York come forse da nessun altra parte in America. Quest’elezione è “un banco di prova per verificare se la democrazia è ancora in grado di prevalere”, ha detto Sanders, che ha fatto i nomi degli “oligarchi” della finanza, dei media e dell’hi-tech che si sono alleati con Trump: da Bill Ackman a Larry Ellison a Jeff Bezos ed Elon Musk. “Quello cui state assistendo ora è il prevalere in entrambi i partiti di un’oligarchia con uno straordinario potere economico e politico”, ha detto Sanders che, tra gli applausi fragorosi, ha concluso: “Noi siamo qui stasera per dire: al diavolo voi. Vi affronteremo!”.

L’entusiasmo del Brooklyn College non dissolve comunque i timori che emergono dal team di Zohran Mamdani. Il candidato ha vinto le primarie democratiche, ma non è sostenuto dalla leadership del partito, preoccupata dalla piega decisamente progressista della sua campagna. Nello scontro è poi clamorosamente entrato Donald Trump, che su Truth ha preso di mira Mamdani e che appoggia l’attuale sindaco Adams. Mamdani, al momento, ha nei sondaggi un vantaggio a due cifre su Andrew Cuomo, ex governatore dello Stato di New York e suo concorrente più diretto, ma la forza economica e mediatica di Trump, e lo scarso entusiasmo dei maggiorenti democratici, rendono tutt’altro che tranquillo il suo percorso. La politica nazionale è entrata a tal punto nello scontro su New York da far prevedere un possibile ruolo per Adams nell’amministrazione Trump. Secondo il New York Times, il presidente Usa starebbe valutando la candidatura di Adams ad ambasciatore in Arabia Saudita, posizione di eccezionale importanza, considerati i legami politici, militari, economici tra Washington e Ryad. Altre fonti parlano di una possibile nomina di Adams a segretario al Department of Housing and Urban Development.

Se la campagna elettorale di New York conquista una rilevanza nazionale, considerate dimensioni e importanza globale della città, va comunque rilevato che sono diversi i centri urbani americani che in questi mesi vedono emergere politici progressisti. L’aumento delle diseguaglianze di reddito, il costo spropositato della vita, la perdita di tutele per le fasce più deboli diventano temi sempre più importanti del dibattito politico e rilanciano appunto i candidati della sinistra. A Minneapolis, il senatore progressista dello Stato Omar Fateh si è candidato a sindaco riprendendo i temi utilizzati da Mamdani: da prezzi più accessibili per le case a maggiori tutele dei lavoratori. Situazione simile ad Albuquerque, New Mexico, dove Alex Uballaz si è candidato a sindaco con un programma di “alloggio per tutti”, e a Seattle, Stato di Washington, dove Katie Wilbson sfida l’attuale sindaco Bruce Harrell con un programma focalizzato sull’aumento del costo degli alloggi, sui senzatetto e sul sostegno alle piccole imprese. Il fatto che l’emergere dei candidati più progressisti arrivi nel momento in cui l’amministrazione Trump dispiega l’esercito in diversi centri urbani e progetta di limitare i poteri degli amministratori locali, rende la sfida ancora più infiammata e incerta. “Quello che gli oligarchi temono è che Mamdani diventi un esempio di ciò che potrebbe accadere in tutti gli Stati Uniti”, ha detto Sanders durante l’evento al Brooklyn College.


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