Salis: “A sinistra c’è un problema di leadership ma io resto dove sono. Il garantismo a targhe alterne non vale”
L’importante è muoversi: serve a prendersi spazi, ottenere attenzioni, sondare umori. Ecco perché, nell’ampia prateria del centro della politica nazionale, in questi mesi e in questi giorni in particolare hanno detto, fatto, proposto in tanti. Da Matteo Renzi a Dario Franceschini, il primo a tratteggiare le potenzialità di una nuova forza politica capace di arrivare al 10 per cento, aggregando tutti i piccoli partiti di centro. Da Ernesto Maria Ruffini a Alessandro Onorato, il super assessore romano che oggi a Fermo nelle Marche ha radunato 200 tra sindaci e sindache, consigliere e assessori con l’idea di “continuare un percorso che sta creando dal basso un nuovo progetto civico nazionale”.
Ecco perché, a maggior ragione, da Genova arriva il messaggio ai naviganti del volto nuovo sulla scena, la neo sindaca della città Silvia Salis, civica centrista e riformista, una delle figure che lo stesso Franceschini ha invitato a tenere d’occhio in chiave nazionale tra le preoccupazioni dem. «Io posso solo dire che sono sindaca da due mesi, e ho tanto da fare: – è la sua risposta, almeno per ora – chi vuole bene a me e a Genova, mi deve lasciare lavorare qua».
Le cose cambiano in fretta, però, in politica. E a indicarla come papabile futuro volto buono per una leadership al centro del centrosinistra sono stati Renzi e Franceschini, non proprio i primi due di passaggio..
«Ma sono appena diventata sindaca di una grande città, il mio è un impegno delicato e totalizzante che non può prevedere distrazioni. Il mio orizzonte, ora, è quello di un Comune lasciato in condizioni disastrose dalla destra, delle decisioni da prendere sulle partecipate, sull’Imu, sul ciclo dei rifiuti. Non altro».
Insisto. Franceschini l’ha indicata come una delle tre figure a cui guardare per una futura guida nazionale. Qualcosa vorrà pur dire.
«E io ribadisco, chi vuole il mio bene mi deve lasciare lavorare nella mia città. Detto questo, è vero che c’è un grosso tema di leadership a sinistra. Un tema che, sia chiaro, prescinde da me. Io ne vengo dall’esperienza nello sport, dove per vincere ti devi affidare sempre a chi può e sa farlo. A destra, questo, è un meccanismo chiarissimo. A sinistra, c’è un grosso problema con i leader e le figure vincenti».
A chi dobbiamo considerarlo rivolto, questo suo messaggio?
«A chi nel campo progressista sente la necessità di differenziarsi, invece di concentrarsi sugli elementi di divisione rispetto a quelli che possono unire il campo. Lo dico sempre, da subito, è servito anche nella mia coalizione, qui a Genova: le differenze tra alleati vanno comunque gestite, tanto vale farlo governando, invece che all’opposizione».
In qualche modo lo dice anche Elly Schlein. Come sono i suoi rapporti, con la segretaria del Pd?
«La apprezzo moltissimo, direi ci siamo sostenute apertamente. Sta facendo veramente un grande sforzo per far sì il campo rimanga “testardamente unitario”, come dice lei. Se verrà realmente condivisa, questa linea, con dentro davvero tutti, per la destra sarà un grosso problema».
In quell’unitario, dice lei, ci vogliono tutti. Pensa nel 2027 sarà possibile davvero vedere schierato sulla stessa scheda il campo larghissimo, dai renziani ai postgrillini?
«Il punto è semplice, è che la sinistra per espandersi deve consolidare un elettorato di centro sinistra. Il centrodestra, al contrario del centrosinistra, non ha nessuna capacità espansiva. Loro, uniti, prenderanno la somma delle percentuali dei loro partiti. Noi, unendo le forze, possiamo solo crescere. Io l’ho visto succedere a Genova, in modo netto. Il campo unito e una proposta solida riporta le persone a votare, può conquistare anche quell’elettorato di centrosinistra sfiduciato che per anni si è allontanato. A Genova alle ultime elezioni aveva votato il 44 per cento, a questo giro il 52. La sinistra è diversa dalla destra, sono profondamente diversi i rispettivi elettorati, e l’Italia non è un Paese di destra, è un Paese progressista».
Cosa ne pensa, delle ultime vicissitudini giudiziarie che hanno coinvolto due figure di peso della scena nazionale a sinistra, il sindaco di Milano Beppe Sala e l’ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci?
«Penso che bisognerebbe essere garantisti con tutti, ma esserlo veramente. Non come il centrodestra, che si professa tale con gli esponenti di primo piano, e poi manda a pestare le seconde linee. Le stesse che si rendono protagoniste a vicende anche ben più gravi di un avviso di garanzia, e io ne so qualcosa (il riferimento è al caso dossieraggio che ha coinvolto l’ex assessore di Fdi a Genova Sergio Gambino, ndr). Bisogna essere garantisti sempre, non a targhe alterne».
Oggi c’era chi la aspettava a Fermo, dove Onorato ha riunito amministratori civici di tutto il Paese per indicare una nuova rotta nazionale, oltre che per portare la propria solidarietà a Ricci.
«Io mi muovo da Genova solo per questioni legati al futuro della città, o eventi che possono servire al ruolo di governo della città. Posso andare una sera alla Festa dell’Unità di Milano, di certo non nelle Marche per una giornata intera».
Cosa ne pensa, dell’iniziativa degli amministratori di Onorato?
«Penso ci sia un grande movimento civico, in questo Paese, che va tutelato e sostenuto, anche perché serve a riavvicinare alla politica gli italiani. La proposta di Onorato è intelligente, risponde con intelligenza all’esigenza di trovare figure nuove, civiche, con cui rilanciare l’iniziativa della politica. Chiediamocelo, perché sta avendo tanta attenzione».
Perché?
«Perché bisognerebbe interrogarsi, sul perché i cittadini guardino con sempre più crescente fiducia ai civici, e sempre meno alle figure politiche».
Perché, secondo lei?
«Perché la figura civica avrà sempre un approccio più pratico alle cose di quello più ideologico di una politica. Io, quando mi è stato chiesto di candidarmi sindaca a Genova, ho detto l’avrei fatto solo a patto il campo progressista si fosse presentato unito. Metto a disposizione della città la mia vita, ma solo se le forze del centrosinistra corrono insieme».
È un modo per lasciare poca speranza ai partiti che le hanno chiesto di prendere la tessera, presumo tanti, questo?
«Non è mia intenzione entrare in nessun partito, non ne sento l’esigenza. I partiti della mia coalizione a Genova mi sostengono apertamente, non ho nessuna necessità altra, lascio speculare gli altri. Del resto sono stata raccontata prima come una pericolosa comunista e poi come una liberale camuffata da donna di sinistra. Ho fatto tutto l’arco progressista, ma sono una civica».
Source link