Basilicata

Sale l’occupazione, ma scende la produzione industriale


Se da un lato il dato dell’’occupazione sale dall’altro la produzione industriale scende, viaggiando con il freno tirato


Il paradosso italiano. Da un lato l’occupazione continua a crescere (lo studio della Cgia di Mestre ha calcolato nei primi due anni del Governo Meloni un aumento di 847mila unità di lavoratori), dall’altro la produzione industriale viaggia con il freno tirato.

I DATI DELLA CGIA DI MESTRE MOSTRANO CHE L’OCCUPAZIONE SALE MENTRE SCENDE LA PRODUZIONE INDUSTRIALE

A ottobre, secondo la rilevazione Istat, l’indice è rimasto invariato su settembre, risultato dei segni più per energia (+1,7%) e beni di consumo e negativi per i beni strumentali (-0,2%) e intermedi (-1%). In calo dello 0,7% l’indice del trimestre agosto-ottobre rispetto ai tre mesi precedenti. E anche a gennaio-ottobre sullo stesso periodo del 2023 l’indice è in rosso (-3,3%). Pesante il trend di ottobre sullo stesso mese del 2023 con una flessione del 3,6% per effetto, in particolare, del -5,2% dei beni intermedi e del -4,4% di quelli strumentali.
A “salvare” la produzione industriale, secondo il report dell’Istituto di Statistica, le industrie alimentari, bevande e tabacco (+3,7%), fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria (+1,6%) e le altre industrie manifatturiere (+1,5%). A crollare invece (-16,4%) i mezzi di trasporto, la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-15,9%) e l’attività estrattiva (-12,4%). L’industria alimentare ha realizzato le migliori performance mettendo a segno infatti l’incremento maggiore su ottobre 2023 e sui dieci mesi (+1,7%).
Un risultato che, secondo l’Osservatorio Coldiretti, è da attribuire al tiraggio delle produzioni natalizie che si mettono in cantiere dall’autunno e che sono in linea con le prospettive di un Natale ricco a tavola. Ma per il resto il panorama è desolante. Il dato tendenziale boccia praticamente quasi tutti i settori di attività con picchi (in negativo), oltre che per i tre settori già citati con il meno a 2 cifre, per l’industria tessile, abbigliamento, pelli e accessori (-7,6%), metallurgia (-4,7%), prodotti chimici (-4,1%), fabbricazione macchinari e attrezzature (-4%) e altre attività manifatturiere (-3,6%). Male anche i prodotti farmaceutici e l’industria legno, carta, stampa.

A SALVARE LA PRODUZIONE INDUSTRIALE BEVANDE E TABACCO

Un allarme per la fotografia scattata dell’Istat è stato lanciato dalla Cna soprattutto perché si tratta di una flessione diffusa in tutti i settori di attività.
Per Cna «è l’andamento negativo sul fronte delle esportazioni ad aver pesato soprattutto sul calo, che ha raggiunto su base annua il -3,6% ma la ventunesima riduzione consecutiva dell’indicatore allarma e impone interventi straordinari».
La riduzione del peso dell’industria sul Pil – ha sottolineato in una nota – è pericolosa «per un Paese manifatturiero come l’Italia, la seconda manifattura d’Europa dopo la Germania, dove l’industria fa da traino anche ai servizi». Da qui l’appello della Cna al Governo a invertire la rotta e tra le richieste la revisione della «riduzione o lo stop agli incentivi per l’innovazione, la produttività, Transizione 4.0 e Transizione 5.0 già programmati e, nel contempo, se ne sburocratizzi l’iter».
Non vede neppure uno spiraglio di luce l’Unione Nazionale Consumatori che ha definito la situazione «“uno tsunami”. Una disfatta per le nostre industrie. Un precipizio dal quale le nostre imprese non riescono a uscire per colpa dei consumi interni asfittici e di un Pil che sale dello zero virgola nonostante il Pnrr».

LA PRODUZIONE AD OTTOBRE 2024 È INFERIORE AL 5,5%

Secondo l’analisi dell’associazione dei consumatori «la produzione di ottobre 2024, nel confronto con gennaio 2023, prima che iniziasse la discesa, è inferiore del 5,5% nei dati destagionalizzati. Per i beni di consumo il gap è del 6,2%, che sale al 9,6% per i beni di consumo durevoli». Per la Cgil un risultato atteso «perché, al di là della narrazione sempre meno credibile del Governo, la crisi dell’industria la misuriamo quotidianamente ai tanti tavoli istituzionali di crisi al Mimit e a quelli che quotidianamente affrontiamo sui territori». Con il susseguirsi di chiusure, delocalizzazioni, riconversioni, licenziamenti e cassa integrazione che a settembre, secondo la Cgil ha registrato un incremento del 18,8% su settembre 2023.

Pesante il commento del Movimento 5 Stelle. Il presidente dei senatori Stefano Patuanelli ha affermato che «da quando questo Esecutivo è in carica l’industria è fiaccata da un’emorragia senza fine”. L’esponente di M5S ha stigmatizzato anche l’atteggiamento di Confindustria “che di fronte a questo inarrestabile deterioramento del tessuto industriale – ha detto – rimane silente”. In realtà l’ultima Congiuntura flash di Confindustria di qualche giorno fa aveva segnalato “un deciso peggioramento delle aspettative tra le grandi imprese industriali associate a Confindustria».
Secondo le interviste effettuate infatti – si legge nella nota – quasi la metà “prevede una contrazione, moderata o significativa, della produzione industriale rispetto al mese precedente. Elevato il numero di imprese con previsione stabile e solo per il 6,3% è possibile un moderato incremento”.

UNA DIFFICILE SITUAZIONE DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE

La situazione difficile dell’industria si presenta ancora più cupa se paragonata a quella delineata dai dati, diffusi sempre ieri dall’Istat, che hanno evidenziato nel 2023 una crescita del valore aggiunto complessivo (escluse le attività finanziarie a assicurative) del 5% sul 2022 sostenuta da servizi (+5,2%) e industria (+4,5%). Quanto all’industria la spinta era arrivata dalle costruzione con +9% per effetto del super bonus così come era avvenuto anche nel 2022.
Andamento favorevole per la manifattura (+5%) e balzi per l’industria delle bevande (+25,4%) e della fabbricazione di autoveicoli (+21,8%). Su terreno positivo, con +13%, anche farmaceutici, apparecchiature elettriche e alimentari. Ed è andata bene anche nel settore dei servizi, in particolare trasporto marittimo e agenzie di viaggio, tour operator e attività connesse. In controtendenza il trasporto aereo con un calo del 25% e lotterie, scommesse e case da gioco (-13%).


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