Sala resiste, silenzio del Pd
Serve un “quadro più completo” anche perché il Comune di Milano “non si riconosce nella lettura che viene riportata”, cioè quella della Procura di Milano che ha chiesto l’arresto per 6 personi tra politici, funzionari, imprenditori motivandolo in oltre 400 pagine inviate al tribunale. E se per spingere verso l’uscita di Palazzo Marino l’assessore Guido Bardelli (che non era nemmeno indagato) il sindaco Beppe Sala aveva impiegato più o meno 24 ore, questa volta l’atteggiamento sembra quello della resistenza. Un altro componente della sua giunta, il titolare della delega alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi, è indagato e questa volta su di lui pende anche una richiesta di domiciliari, che dovrà valutare il gip. Sala lo ha visto faccia a faccia per un’oretta, ma nessuna decisione è stata presa. “Si sta confrontando con i suoi legali prima di assumere qualunque iniziativa” aggiunge il sindaco. La sua priorità, di nuovo, – nonostante l’ormai notevole numero di inchieste sulle operazioni immobiliari in città e nonostante il coinvolgimento di varie figure politiche e tecniche del Comune – è difendere di nuovo la linea tenuta fin qui, negli ultimi 8 anni: sia tecnico-amministrativa sui vari progetti urbanistici finiti sotto accusa della magistratura ma anche di pezzi della società civile sia politica, il cui simbolo è il blitz – fallito – per portare a buca il famigerato decreto “Salva Milano”, battezzato per antonomasia del resto. “Da diversi mesi – dice Sala – l’Amministrazione comunale ha intrapreso un percorso di riorganizzazione e ha assunto nuovi provvedimenti – ha aggiunto – gli ultimi accadimenti dovranno essere compresi e valutati perché non venga vanificato il prezioso percorso intrapreso”.
Da un piccolo caso, un palazzo tirato su dentro un cortile, venuto a galla quasi tre anni fa fino all’ultimo passo di un’indagine che sta terremotando Palazzo Marino con una valanga giudiziaria che promette ulteriori sviluppi. La morsa stretta dalla Procura di Milano su un “sistema” di “speculazione edilizia selvaggia“, rimasto “indisturbato” per anni cambiando lo skyline della città, ha portato oggi alla richiesta di arresto per un assessore del Comune con accuse di concorso in corruzione, falso e induzione indebita. Tancredi, architetto, per anni dirigente del Comune e assessore dal 2021, è il primo esponente della giunta ad essere indagato nelle inchieste sull’urbanistica, in cui sono stati coinvolti fino ad ora attuali ed ex dirigenti e funzionari comunali. A causa delle inchieste però ci sono già state delle dimissioni in giunta, quelle dell’ex assessore alla Casa Guido Bardelli, che non era indagato, ma le cui chat con Giovanni Oggioni sono finite nelle carte dell’inchiesta. Nelle carte di quest’ultima inchiesta i pm usano parole pesanti sull’attività amministrativa in tema di urbanistica: parlano di “eversive degenerazioni in commissione paesaggio”, di “un’azione viziata da una corruzione circolare” e dell’assessore Tancredi “in sintonia con Sala“.
Le conseguenze politiche immediate sono le richieste di dimissioni di Fratelli d’Italia, della Lega (che pure sosteneva il Salva Milano), del M5s che parla attraverso il suo leader Giuseppe Conte. Perfino a Forza Italia viene da dire che serve più trasparenza. A risuonare, com’è evidente, è il silenzio del Partito Democratico che lascia il solo Sala a rispondere, con quella nota più che stringata, alle accuse che la Procura muove non tanto al sindaco quanto all’intera linea amministrativa in materia di urbanistica. I dem – consapevoli da una parte del carattere simbolico della giunta di Milano – sono circondati da alleati che non ne possono più di questo stillicidio. “Per noi è una questione politica – dice Angelo Bonelli, dei Verdi -. Non eravamo contrari al decreto Salva Milano per motivi ideologici, e lo stesso vale per il nuovo stadio, ma ritenevamo – e riteniamo – che Milano abbia l’urgenza di cambiare le proprie politiche urbanistiche”. Chiede di fermare i progetti di “rigenerazione urbana”, da San Siro a Piazzale Loreto. “La magistratura faccia chiarezza, ma la politica faccia la sua parte” conclude il deputato di Verdi-Sinistra. Nemmeno Conte fa “nomi e cognomi” questa volta ma il messaggio è diretto: “Lasciamo che la magistratura faccia il suo corso, ma attendiamo che chi ha la responsabilità politica tragga le conseguenze”.
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