Safari in Africa: in viaggio per salvare gli animali
Safari in Africa? Oltre l’osservazione, oggi si può partecipare. È il sogno di molti: vivere un safari in cui gli animali si possano non solo osservare da lontano, ma anche aiutare concretamente, dando una mano a biologi e veterinari che ogni giorno si ingegnano nel trovare soluzioni per tenere lontani i bracconieri.
È il valore aggiunto dei safari conservazione, l’ultima opportunità che coniuga ecoturismo e conservazione animale in progetti nati per scoprire le meraviglie dell’Africa attraverso itinerari naturalistici e, allo stesso tempo, per coinvolgere i partecipanti in attività di wildlife rescue alle quali non sarebbe possibile partecipare altrimenti. A firmarli è un’inedita formazione: Wilde Tracks, organizzazione tutta al femminile nata proprio con lo scopo di organizzare questi viaggi naturalistici che finanziano interventi diretti sugli animali in pericolo.
Wilde Tracks: tre giovani donne con il pallino della conservazione animale
Una piccola idea rivoluzionaria nata da un’intuizione di Chloe Evans, fondatrice di Wilde Tracks, e poi condivisa da Greta Barbera, che ne dirige il settore di ecoturismo, e Alessia Capurro, che cura la comunicazione e lo sviluppo dei programmi umanitari, che si sono occupate di trasferire il concept nel mercato italiano. Tutte e tre, che insieme non arrivano neanche a 90 anni, con il pallino della conservazione animale e della salvaguardia ambientale. A loro si deve l’idea di trasformare un viaggio in Africa alla scoperta dei suoi animali più iconici in un’esperienza di partecipazione diretta alle operazioni di salvataggio di alcuni di quegli animali, finanziando il progetto con la propria presenza.
«Con i soldi che arrivano dai turisti che partecipano ai nostri safari in Africa finanziamo operazioni che sono piuttosto costose: la decornazione dei rinoceronti, cioè il taglio dei corni per salvare questi animali dal bracconaggio, oppure la collarizzazione, cioè l’applicazione di particolari radiocollari a elefanti o predatori in modo da poterli monitorare e tenere al sicuro – spiega Greta».