Ruggero Apriletti, il mago della Peugeot: “Le Mans è impressionante”
Ha tatuata sul braccio la formula della portanza, Ruggero Apriletti, professione ingegnere di gara. L’indizio, del resto, non lasciava spazio a troppi dubbi: passione indelebile per il motorsport e la velocità. Apriletti è lo stratega della macchina numero 94 del team Peugeot a Le Mans – quella dei piloti Vandoorne, Duval e Jakobsen – che in gara scatterà diciassettesima. Viene da Forlì, terra di motori: “Sono cresciuto vicino a Imola, ho iniziato a lavorare in autodromo”. E non ha più smesso.
Apriletti, da quanto tempo lavora in Peugeot Sport?
“Da quest’anno. Prima ho lavorato molto nel Dtm (Campionato tedesco turismo) con Mercedes e Bmw, tra le altre”.
Cosa non ha funzionato nelle qualifiche?
“Sapevamo che a Le Mans, per questioni regolamentari, avremmo avuto più difficoltà rispetto alle gare precedenti. Abbiamo cercato di ottimizzare quello che avevamo a disposizione. Ora non bisogna fare errori”.
Come lavora il team in un palcoscenico come Le Mans?
“Rispetto alle altre gare, Le Mans ha una dimensione più estesa. Ha delle esigenze logistiche particolari”.
Durante la gara di cosa si occupa?
“Coordino il gruppo di lavoro che cura la vettura. Insieme guardiamo cosa succede sia alla macchina che alla strategia”.
Ci sono allenamenti specifici per i meccanici?
“Abbiamo un programma di allenamento specifico per i meccanici, che si allenano molto ai pit stop. L’idea è che in gara dobbiamo trovarci di fronte a situazioni già testate prima”.
Ci sono turni di riposo per gli ingegneri?
“No, esistono dei sistemi di back up soprattutto per i meccanici, non per gli ingegneri”.
Come si gestisce un imprevisto in pista?
“Con calma. La priorità numero uno è capire cosa stia succedendo. La seconda è portare la macchina nella condizione di finire la gara. Nel frattempo, analizziamo la telemetria per sapere come e dove intervenire”.
Le Mans è la pista più difficile del motorsport?
“Ogni gara ha le sue peculiarità, ma Le Mans, con le Hypercar, è abbastanza impressionante. Non è semplice endurance: non si tratta di andare il più lungo possibile, ma bisogna ottimizzare la performance. In passato l’obiettivo era portare la macchina integra alla fine del traguardo, adesso si guarda molto alla performance”.
Ha due tatuaggi, cosa rappresentano?
“Una è l’iniziale di mio figlio, l’altra è la formula della portanza”.
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