Economia

Rottamazione, pensione, tagli Irpef e assicurazioni: aumentano le critiche alla manovra

MILANO – Una manovra “palesemente inadeguata, ingiusta e controproducente”, secondo la Cgil e con “forti crititicità” su fisco, pensioni e sanità secondo la Uil. Sono alcune delle critiche emerse nel corso delle audizioni che si si sono svolte oggi in Senato.

La Cgil è tornata a insistere sul tema del fiscal drag nel suo intervento. “Le perdite cumulate che, a causa del drenaggio, hanno subito i salari nell’ultimo triennio sono ben superiori ai vantaggi ottenuti con gli interventi realizzati sull’Irpef, sulla decontribuzione e sulla sua successiva fiscalizzazione. Si va: dai 700 euro per un reddito con un imponibile previdenziale da 20.000 euro, ai 2.000 euro per un reddito da 35.000 euro, fino a oltre 3.000 euro per chi ha un imponibile previdenziale da 55.000 euro”, ha detto Christian Ferrari, segretario confederale Cgil.

Secondo il sindacato guidato da Landini l’importo delle riduzioni fiscali Irpef è tutto sommato modesto. “La riduzione della seconda aliquota dell’Irpef porterà vantaggi, sopra i 28.000 euro di reddito, tra 0 e 440 euro, tra un caffè al mese e uno al giorno mentre la detassazione al 5% degli incrementi contrattuali, per i lavoratori fino a 28.000 euro, garantirà un beneficio medio di 126 euro, e solo per il prossimo anno”.

La Cisl invece ha espresso un giudizio positivo sulla riduzione fiscale ma contestando altre misure. “La Cisl giudica positivamente la distribuzione delle risorse con gli interventi principali a favore della riduzione dell’imposizione fiscale sui lavoratori (4,9 miliardi nel 2026), con la riduzione della seconda aliquota Irpef, la riduzione della tassazione sui premi di risultato legati alla produttività, sul lavoro scomodo (notturno, a turni e festivo), sul salario accessorio del pubblico impiego, sugli aumenti contrattuali, con gli aiuti alle famiglie (1,6 miliardi nel 2026) e con il rifinanziamento della spesa sanitaria (ulteriori 2,4 miliardi nel 2026)”, ha detto il segretario confederale Ignazio Ganga.

Infine la Uil esprime preoccupazione sul capitolo fisco e, in particolare, in merito alla flat tax e alla cartolarizzazione fiscale sul piano nazionale e locale : “Serve un sistema progressivo – conclude Biondo – che tassi di più gli extraprofitti, le grandi eredità e le rendite, per tassare meno lavoro e pensioni e investire in sanità e istruzione. La manovra contiene segnali positivi, ma resta ancora molto distante da un vero progetto di equità e sviluppo sostenibile”, ha detto il segretario confederale della Uil Santo Biondo.

Confindustria

Di fronte ad “una manovra a saldo zero” Confindustria ha ribadito invece “la necessità di dotare l’Italia di un piano industriale straordinario” con “tre direttrici di intervento: investimenti, competitività e contesto attrattivo”. In audizione sulla legge di bilancio lo indica il dg Maurizio Tarquini ha sottolineato “due vere urgenze complementari alla manovra”: la rimodulazione del Pnrr come “occasione per assicurare quel sostegno alle imprese di almeno 8 miliardi l’anno, per un triennio” che per Confindustria è “l’obiettivo minimo”; e “ridurre il prezzo dell’energia” con “misure immediate che non incidano sui saldi di bilancio” e “richiedono unicamente la volontà di agire”. Un terzo punto: fare “le riforme a costo zero”.

L’Ania

L’associazione italiana fra le imprese assicuratrici (Ania) punta il dito su due misure della manovra, innanzitutto. Primo: la stretta sulla detrazione delle polizze. “Apprezziamo il sostegno ai redditi medio-bassi. Ma il disegno di legge prevede un’ulteriore restrizione delle detrazioni Irpef, limitandole per i contribuenti con reddito annuo superiore a 200mila euro. Purtroppo, tra le detrazioni oggetto di ridimensionamento – fa notare il Giovanni Liverani nella sua audizione – vi sono anche quelle relative a premi assicurativi con finalità previdenziali, assistenziali e di protezione, come le polizze long term care, caso morte o contro le calamità naturali. Ridurre gli incentivi fiscali per la sottoscrizione di queste coperture in un paese già largamente sotto-assicurato è a nostro avviso l’esatto contrario di ciò che si dovrebbe fare”. Per questo, gli assicuratori chiedono al parlamento di correggere il tiro: “L’impatto è stimabile in soli 12,6 milioni l’anno, un importo molto modesto, ma un segnale distonico e diseducativo per i cittadini”, aggiunge Liverani.

La seconda critica è quella sui dividendi. La nuova norma “prevede la tassazione Ires integrale dei dividendi derivanti da partecipazioni inferiori al 10%. Eliminando l’esenzione del 95% (dividend exemption), si perviene a una situazione di doppia imposizione sugli utili societari. Questa misura disincentiva l’investimento delle riserve delle gestioni assicurative vita in partecipazioni azionarie di minoranza, facendo potenzialmente venire meno un afflusso di finanziamenti all’economia reale”. La proposta di Liverani è chiara: “Escludere dalla norma almeno le partecipazioni di lungo periodo, ad esempio quelle detenute per più anni, come già accade in alcune giurisdizioni estere”.

Le altre proposte

Nell’elenco delle proposte, inoltre, il numero uno degli assicuratori mette l’iscrizione obbligatoria alla previdenza complementare. “La nostra previdenza è ormai passata al sistema pensionistico contributivo puro. I tassi di sostituzione sono destinati a scendere, eppure la previdenza complementare raggiunge solo il 38% dei lavoratori dipendenti. Per invertire questa rotta, proponiamo di introdurre l’iscrizione automatica (auto-enrollment) per i nuovi assunti, salvo dissenso esplicito, accompagnata dal versamento obbligatorio del Tfr e del contributo datoriale”.

Poi gli incentivi fiscali, “fermi dal 2005”. Dice Liverani: “Proponiamo di adeguare le agevolazioni relative alla deducibilità, ferme da oltre vent’anni, portandole dagli attuali 5.164 a 7.500 euro, ed estenderle ai versamenti per i familiari a carico”. Al capitolo vitalizi, infine, “è fondamentale favorire un maggiore ricorso alla rendita vitalizia, lo strumento più adatto a compensare la riduzione della pensione pubblica, rendendone il regime fiscale più favorevole rispetto ai riscatti. Questo, tra l’altro, contribuirebbe anche a un incremento del gettito fiscale”.


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