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Rose Villain a Sanremo 2025: «Sul palco mi scateno, ma sono una ragazza timida. Il sessismo dei rapper? È solo cinema, sono ragazzi adorabili»

In meno di un anno la vita di Rose Villain – cioè Rosa Luini, 35 anni da Milano – si è ribaltata: da cantante di nicchia «ma non per scelta», scherza, con un curriculum lungo così di voce femminile nei pezzi urban e rap dei colleghi maschi, eccola protagonista in prima persona con Click boom!, che dal Festival di Sanremo 2024 l’ha lanciata dovunque. «Mi sono trovata a rapportarmi con i bambini e gli anziani. Un pubblico nuovo: è stato bellissimo», racconta. «E soprattutto, naturale». Ora torna all’Ariston, sul luogo del delitto, da icona, con Fuorilegge. E ancora, alle cover, con Chiello.

Con che spirito partecipa stavolta?
«Per salire di livello. L’anno scorso quel palco è stato fondamentale per far conoscere il progetto a tante persone: la paura era di non essere capita, di passare come la “villain” oscura, appunto, della situazione, quando in realtà è una maschera e sono una ragazza molto dolce; ebbene, la cosa che più mi ha dato gioia è stato vedere che la gente ha recepito, tutto. Adesso non vedo l’ora: sono una megalomane con la musica (ride), spero di affermarmi e fare ancor di più live. La verità è che mi sono sempre sentita nata per questo, avevo un’attitudine pop anche quando facevo punk, o rap. Finalmente, però, sono sulla strada giusta».

Non ha paura di ripetersi?
«Ma no. L’anno scorso, certo, c’era più effetto sorpresa, alcuni non mi conoscevano neanche. Ma è stata una questione mia: ero un po’ nervosa, non mi sono goduta davvero il palco; stavolta sì, non ho dubbi, né ansie di sorta, mi divertirò. Pensi: non ho neanche un rituale scaramantico; basta un momento di concentrazione, da sola, e via».

La pressione però c’è: molti si aspettano già la hit da lei, al contrario dell’anno scorso.
«E infatti l’ho fatta (ride). Scherzi a parte, è un pezzo che adoro, in cui non mi snaturo e nel quale credo tanto. Sanremo è un tritacarne: se non c’è entusiasmo e non si è convinti del pezzo, è inutile».

Si è detto che Fuorilegge è troppo simile a Click boom!. Non crede?
«Non la prendo come una critica, anzi. Cioè, tutti i grandi della musica hanno un proprio sound, un timbro. A me piace che il ritornello stupisca. Penso anche ai nuovi, come la stessa Dua Lipa. Ma anche Achille Lauro o Mahmood: lo si ascolta e subito si capisce che è un brano suo. Quindi no, non ho paura di “doppiarmi”. E non ho paura in generale: se vacillassi, non sarei arrivata dove sono, sono sempre convinta della mia musica perché, semplicemente, mi rende felice».

Che canzone è Fuorilegge?
«Una che mi è esplosa tra le mani: avevo pensato da subito a una ballad intima, più malinconica, seguita poi da un ritornello da ballare – appunto, la mia cifra – che travolge. Volevo tenerla più in gabbia, solo che a un certo punto mi sono fatta prendere la mano; con l’amore funziona così».

Lei in cosa si sente una «fuorilegge»?
«Nell’accezione che serve oggi: fuorilegge è chi non dà ascolto al giudizio degli altri, specie quando ci dicono che la nostra idea è sbagliata, che dovremmo lasciar stare. È la mia storia: non sono venuta fuori perché abbia chissà quale voce, ma perché ho lavorato tanto sulle mie doti, cercando di affinare le armi dello storytelling, le rime, l’immaginario e il resto; ho faticato in questi anni, ma posso dire di avercela fatta esattamente con la musica che voglio, senza scorciatoie. Ne sono in pieno controllo. E ne sono fiera. Passione, si sa, batte talento. E di tanto».

Il messaggio?
«Questo: seguire le proprie passioni, perché muovono il mondo».

Diceva anche del desiderio.
«Sì, amore e desiderio vanno d’accordo, ma non solo nelle relazioni sentimentali. Per me, anzi, il desiderio riguarda soprattutto la musica, che mi costringe a essere una fuorilegge verso me stessa: sul palco mi scateno e lascio andare, racconto cose intime, eppure le assicuro che sono una ragazza molto timida».

Gianna Nannini, con cui ha duettato l’anno scorso, invita a non fraintendere il suo stile: ok la musica, ma nella vita, dice, è «una suora».
«La capisco benissimo».


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