Salute

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Città del Vaticano, 14 dic. (Adnkronos Salute) – “Si emargina la sofferenza perché fa paura e ostacola i progetti”. Il Papa, ricevendo in udienza l’Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma (Ail) in occasione del suo 55esimo anniversario, denuncia ancora una volta la cultura dello scarto. “La malattia spesso fa precipitare la persona e la sua famiglia nel buio del dolore e dell’angoscia, generando solitudine e chiusura. A livello sociale è spesso percepita come una sconfitta, qualcosa da nascondere, eliminare: si scartano i malati in nome dell’efficienza e della forza”, osserva.

“La logica del dono – osserva ancora – è il principale antidoto alla cultura dello scarto. Ogni volta che si dona, la cultura dello scarto viene indebolita, anzi annullata; e il consumismo, che apparentemente vorrebbe impossessarsi anche delle nostre vite, viene sconfitto da questa logica virtuosa. Il primo a donarsi è Dio stesso, nel suo amore creatore; è Gesù, nella sua Incarnazione. Tra pochi giorni sarà Natale: guardiamo a quel Bimbo donato al mondo perché tutti possiamo essere salvati. Traiamo forza dalla sua fragilità, conforto dal suo pianto, coraggio dalla sua tenerezza. Ecco di nuovo la parola tenerezza: non dimenticatela!”.

Quindi il Pontefice si sofferma sull’importanza di non rimanere chiusi nel proprio orticello: “E’ l’impegno di non coltivare solo i propri interessi, ma di animare il territorio, di essere segno tangibile, presenza visibile, mai invadente. Nella piazza si manifesta la volontà di stare con la gente, di condividere il dolore, di essere buoni samaritani. Questo è un dono che fate a tutta la società. Siete visibili, ma non per voi stessi, per le persone che ne hanno bisogno. E così contribuite a sostenere la ricerca scientifica, ad aumentare la conoscenza che fa parte della migliore tradizione sanitaria italiana, e ad assicurare l’attenzione alle persone che hanno bisogno di sentirsi accompagnate nella terapia”. Bergoglio ricorda che oggi la Chiesa celebra San Giovanni della Croce, “grande mistico, che ricordava: ‘alla sera della vita saremo esaminati sull’amore’. Grazie per l’amore e la speranza che donate!”.

“Rimettere al centro il malato. In altre culture si eliminano i malati, si eliminano, e questo è brutto, è brutto. La vostra – ha detto Bergoglio – è una testimonianza di solidarietà e di vicinanza, ancora più importante in un questo mondo segnato dall’individualismo. Siete un tassello della costruzione di due speranze: speranza della cura, sempre, e speranza della terapia, nelle modalità più aggiornate”.

Parlando a braccio, il Papa ha ricordato una domanda a lui posta, dove gli si chiedeva quale fosse ‘la caratteristica di una certa associazione troppo individualistica’, “e io ho detto: ‘No, no la caratteristica non la conosco, ma so quale sia il suo motto. Quale? ‘Al centro io, me, con me e per me'”. Le storie dei malati e le relazioni – ha osservato ancora il Santo Padre – possono dare “senso al dolore e dare risposta ai tanti ‘perché'”, dissipando il “buio del dolore e dell’angoscia” che spesso genera “solitudine e chiusura”.


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