Trentino Alto Adige/Suedtirol

“Romeo” un anno dopo, parla Hager: «Non ho mai fatto pressioni» – Cronaca



BOLZANO. Il 3 dicembre 2024 Guardia di Finanza e Carabinieri irrompevano dentro le case e gli uffici di 77 indagati su ordine della Direzione distrettuale antimafia di Trento. Oltre un centinaio di perquisizioni, otto misure cautelari agli arresti domiciliari per imprenditori, dirigenti comunali, funzionari pubblici, architetti. È l’inchiesta “Romeo” su affari e politica che, un anno esatto dopo, si trova a un bivio. La Procura ha di fatto chiuso le indagini preliminari e sta formulando le richieste di rinvio a giudizio e di archiviazione. Con ogni probabilità ci sarà un processo – bisognerà vedere per quanti degli accusati iniziali – che comincerà nel 2026. Abbiamo intervistato uno degli indagati, il commercialista e imprenditore altoatesino Heinz Peter Hager, già numero uno di Signa Italia e “volto” del Waltherpark, ritenuto uno dei capi dell’associazione a delinquere di cui parlano gli inquirenti assieme a René Benko. Oggi Hager, al quale vengono contestati diversi reati-fine, è libero e da pochi giorni è caduta anche l’ultima misura restrittiva a cui era sottoposto: avere rapporti con l’amministrazione pubblica.

Trecentosessantacinque giorni dopo. Cosa ricorda?

Sono arrivati alle sei del mattino con un mandato d’arresto, qualcosa di inimmaginabile. La Finanza e i Carabinieri sono andati a perquisire casa mia ed i miei uffici a Bolzano e Milano. Non mi sembrava vero. Ero talmente sorpreso da non rendermi conto di ciò che stava accadendo. Uno tsunami.

È stato il momento più brutto della sua vita?
Non sono giovanissimo, ho vissuto tante cose. Il mio arresto lo paragono a due eventi: la morte dei miei genitori e la scoperta del mio tumore al pancreas. Essere accusati di reati così pesanti, avendo operato sempre in trasparenza, fa nascere un forte sentimento di ingiustizia. L’ingiustizia e l’isolamento delle prime settimane, uniti e ad un forte attacco mediatico, hanno generato momenti dolorosi, che non dimenticherò mai.

Le vengono contestate varie ipotesi di reato, tra cui truffa e corruzione. Resta fiducioso?

Sono fiducioso in me stesso oltre che nella magistratura, perché so cosa ho fatto e cosa non ho fatto. Allo stesso tempo rimango ottimista, perché ho la sensazione che le cose stiano andando nella direzione giusta. Alla fine la verità verrà fuori. Nell’inchiesta si parla molto di presunte pressioni sull’amministrazione pubblica e sui funzionari comunali.

Guardandosi indietro, ritiene di averne esercitate?

Mi auguro che nell’ambito delle lunghe indagini abbiano chiesto ai politici e agli amministratori quali pressioni avrei esercitato. So bene chi ha fatto pressione sui funzionari, e ci sono anche le prove e le intercettazioni, ma io non ne avevo bisogno: i miei progetti camminavano da soli. Tutti volevano Ötzi al Virgolo, come quasi tutti volevano il Waltherpark, referendum docet. Era la gente a spingere affinché si realizzasse.
René Benko, uno degli ideatori del Waltherpark, era il presunto capo dell’associazione. Ora è in carcere dopo essere stato processato in Austria in merito al crac di Signa. Quando lo ha sentito l’ultima volta?

Qualche giorno prima del mio arresto, perché ci sentivamo regolarmente. Poi, quando è emerso il presunto disegno criminoso della Procura – lui il “capomafia” e noi i suoi sodali – ho troncato ogni rapporto.

Che effetto le hanno fatto le immagini di Benko in tribunale? Era quasi irriconoscibile.

Preferisco non rispondere.
Ripensando a quanto le viene contestato dalla Procura trentina, cosa rifarebbe e cosa no?

Non sono né un criminale né un mafioso: so cosa ho fatto e ritengo sia legittimo. Non ho mai coltivato, come fanno altri in modo ipocrita, certi rapporti istituzionali. Col senno del poi sarebbe forse stato più conveniente fare scelte diverse e opere di beneficenza in pubblico.

Quindi lo farà?
No, continuerò a fare beneficenza in modo riservato, senza sventolarlo in giro.

I progetti che portano il suo nome invece? Li rifarebbe?

Sì, dal primo all’ultimo, perché ritengo che siano tutti validi e attuali. La politica, però, mi sembra che segua altre logiche, non sempre condivise dai cittadini. I nostri progetti sono sempre nati per rispondere alle esigenze delle persone e per creare sviluppo. Waltherpark e Gries Village. È stato costruito tanto in un periodo molto ristretto.Siamo ben strutturati e altamente professionali. Questo ci ha permesso di portare avanti più partite in parallelo. Capisco che ciò abbia creato invidia e negatività da parte di alcuni competitor. Ma fa parte del mestiere.

Si sente tradito da alcuni rapporti personali sfogliando le carte dell’inchiesta?
Delle riflessioni su chi in quel periodo ti era vicino ovviamente le fai e tiri le conclusioni, ma non serve renderle pubbliche. Quelle 1.168 pagine di ordinanza ritengo siano state diffuse contrariamente alle legge, e sono state condivise ovunque. Le indagini mi hanno rovinato la vita degli ultimi dodici mesi. Tutti hanno potuto vedere con quanta cura hanno sostenuto l’accusa nel tentativo di distruggerci la reputazione.

I rapporti con gli architetti Fabio Rossa, Andrea Saccani e l’imprenditore trentino Paolo Signoretti? Anche loro furono arrestati e oggi sono liberi in attesa di un eventuale processo.

I rapporti professionali sono sempre stati buoni, collaboro tutt’ora con loro. Le ritengo persone serie, altamente professionali e qualificate, quindi non c’è motivo di interrompere i rapporti di collaborazione.

La dottoressa Daniela Eisenstecken (ex dirigente del Comune di Bolzano nell’ufficio Gestione del territorio), come emerge dagli atti, avrebbe violato una cartella privata per evitare che emergessero irregolarità nei progetti legati a Lei e a Benko. Ne era al corrente?

Non ne so nulla. Le avrò parlato forse dieci volte nella mia vita. La mia impressione è che in Comune qualche miglioramento organizzativo sarebbe utile, perché è evidente che qualcosa non abbia funzionato.

Con l’ex sindaco Renzo Caramaschi risultano delle cene riservate.

Caramaschi l’ho conosciuto a fine 2015, alla Leopoldina di Bolzano. Poi l’ho rivisto quando è diventato sindaco: abbiamo avuto rapporti istituzionali, nulla di più. Sotto la sua amministrazione nessun provvedimento favorevole ad un nostro progetto è mai stato deliberato.

Nelle carte si parla del Gries Village e dei sette garage ceduti a prezzo agevolato a persone vicine a Norbert Clementi, ex consigliere comunale della Svp.

All’epoca Clementi abitava nei pressi del cantiere e avanzò delle pretese. Per evitare che si allungassero i tempi, io gli vendetti 4 garage applicando un coefficiente di sconto. Ma parliamo di una trattativa commerciale come ne faccio qualche centinaia all’anno. Sottolineo inoltre che in quel periodo lui non era più consigliere comunale.

Anche il nuovo complesso di Gries viene citato negli atti.

Non ci sono elementi penalmente rilevanti. A chi ha sostenuto il contrario, chiederò un confronto al momento e nelle sedi opportune.

A Riva del Garda, con l’ex sindaco Mosaner, sembrava che i progetti all’area ex Cattoi fossero svaniti. Con Cristina Santi, invece, secondo gli inquirenti avreste trovato terreno fertile.

L’ho vista forse tre volte. Non c’erano rapporti.

Era il 23 dicembre 2016, quando assieme Signoretti costituivate la società denominata V.R.101214 con cui poco dopo, nel gennaio del 2017, acquistavate appunto l’area ex Cattoi. La riqualificazione è al centro dell’inchiesta.

Il giorno stesso che acquistammo l’area abbiamo contattato l’allora sindaco Mosaner chiedendo un incontro. Non ci ha mai ricevuto, e non aggiungo altro. Ho grande fiducia nel lavoro degli inquirenti.

L’inchiesta l’ha danneggiata a livello d’immagine?

Sicuramente. Con le banche, nazionali e internazionali, ho subito inizialmente grandi danni, che nel frattempo ho gestito. A livello mediatico, ciò che è stato fatto non era mai accaduto prima in Alto Adige. Il WaltherPark non doveva essere terminato: questo era il vero obiettivo dell’operazione. Ma paradossalmente questa vicenda mi ha avvicinato ancora di più alla gente, che è molto più attenta di quello che tanti pensano.Il Waltherpark alla fine è stato ultimato.

Che effetto le fa vederlo così?

Sono molto orgoglioso, perché negli ultimi dodici mesi si è concluso ciò che avevamo impostato in un decennio. E sono felice, non tanto per me quanto per la città: abbiamo creato un luogo che cambierà Bolzano e il modo di viverla.

Secondo lei cosa pensa l’opinione pubblica della costruzione in via Alto Adige?

Tanti complimenti, ma anche un mucchio di invidia. Fa parte del mestiere. Ora molti di quelli che criticavano sono i primi a entrare nei nostri negozi o a mangiare al Mercato Centrale.Il suo nome è uscito dal Cda del Waltherpark.

Ritiene che nel tempo la costruzione verrà comunque attribuita a lei?

Io vengo identificato col Waltherpark e il Waltherpark con me. Ci ho lavorato dal 2013: dodici anni. Direi che non ci sono dubbi.

Tra i fascicoli della Procura anche quello relativo all’aeroporto. Josef Gostner, attualmente ancora indagato, non ammetteva ritardi nella pista al punto di dissimulare i livelli delle falde acquifere, secondo gli inquirenti. E lei era al corrente di tutto.

Sono convinto della correttezza del mio operato e del fatto che si farà chiarezza anche su questo.

Era stato Lei a presentare il progetto Laurin, un nuovo edificio multifunzione davanti all’hotel, sull’area del parcheggio. Sessantamila metri cubi tra uffici, banca e negozi. Ora che ne sarà?

Ho fatto un passo indietro, ma so che il progetto va avanti con un altro imprenditore, insieme a Franz Staffler del Laurin e alla Cassa Centrale Rurale.

Invece il progetto del Museo di Ötzi al Virgolo è stato definitivamente accantonato dopo che la Provincia ha deciso che si farà al posto della sede ex Enel in via Dante. Ha smesso di pensare al rilancio della collina?

Non è all’ordine del giorno. Posso dire che avevamo un progetto di livello mondiale, ma la politica non ha condiviso questa visione. Bolzano ha perso una grande occasione: avrebbe potuto diventare una città ancora più attrattiva a livello internazionale, restituendo ai bolzanini un secondo polmone verde. Oggi manca una visione vera e propria e un’identità del capoluogo, che non è solo il centro amministrativo della Provincia. Ridurre Bolzano al “turismo del brutto tempo”, che cresce e cala in base al meteo, non è gratificante per la città. Quel progetto avrebbe potuto dare un’identità diversa e sviluppo al capoluogo.

Altro cantiere che difficilmente vedrà la luce nei prossimi anni è il nuovo quartiere Ponte Roma. E c’è l’incognita “Acciaierie”.

Vedremo che cosa succederà, le aree sono di nostra proprietà. Decideremo a tempo debito.

Soldi ai partiti in cambio di agevolazioni. Lei ha finanziato la Svp nel 2018 con 35 mila euro, in versamenti tracciabili sotto i 5.000 euro.

Sono tutte operazioni legittime. I finanziamenti sono stati verificati e controllati: è una grande montatura. Accuse che già anni fa sono state smontate.

In questi mesi a cosa ha lavorato?

Ho lavorato sempre, facendo ordine anche nelle idee. Ora sono pronto a ripartire. Il 2026 sarà un altro anno positivo per me, per chi mi è vicino e anche per chi non lo è. Abbiamo parecchi progetti interessanti.

Cosa ha in programma?

A febbraio inizieremo la ristrutturazione dell’ex Upim di Bolzano per costruire un nuovo albergo: 87 camere con il brand “Motel One”, un gruppo internazionale con sede a Monaco e con cento hotel in giro per il mondo. Sarà il primo in Italia con un concept così innovativo e permetterà di arricchire la proposta alberghiera di Bolzano. Inoltre amplieremo ad Appiano il ristorante “Pramol”.

E i vostri progetti fuori regione?

A Bergamo, Pavia e Milano i progetti non si sono mai fermati. All’ex Manifattura Tabacchi di Verona, accanto alla Fiera, inizieremo nel 2026 i lavori per costruire con alberghi, uffici e negozi.

Nonostante l’ombra del processo?

Ho fiducia nella giustizia e non ne sono ossessionato. Dopo le chiacchiere servono le prove, e io voglio vederle. Sono molto sereno. Sono convinto che le accuse si ridurranno a poco, o in nulla.

Ha paura del carcere?

Mai avuta e mai la avrò.




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