Sardegna

Rita Marcotulli: “Sardegna una seconda casa, regala ricordi molto belli” – Cagliaripad.it

Crediti foto: Francesca Ardau

Pianista, compositrice e arrangiatrice, figlia d’arte sì, ma anche un talento. Tra le figure più raffinate e internazionalmente riconosciute del panorama jazz europeo, Rita Marcotulli ha costruito negli anni una eredità artistica enorme grazie a composizioni e collaborazioni di assoluta qualità.

Ha viaggiato per il mondo, collaborato con calibri della musica internazionale (Chet Baker, Richard Galliano, Pat Metheny tra gli altri), mescolato più melodie lasciando che il jazz interagisse con le suggestioni provenienti da luoghi lontani tra loro.

E per lei, nominata e premiata più volte come miglior musicista jazz italiana, il rapporto con la Sardegna è qualcosa di profondo e sincero, reso solido nel tempo non solo musicalmente, ma anche umanamente e culturalmente.

Se le chiedo di chiudere gli occhi, qual è il ricordo (sonoro o visivo) che le viene in mente?

Ora sono in Sardegna, a Carloforte per il Creuza de Ma. Quindi se chiudo gli occhi e ci penso un attimo, mi appare un caro amico, Billy Sechi, che suonava la batteria insieme a Paolo Fresu e a tanti altri musicisti. Insieme prendevamo una casa in Sardegna e quindi quello è un bellissimo ricordo di suono. Ci mettevamo a suonare, prendevamo gli strumenti.. un ricordo molto bello.

Quanto la vita, i viaggi, le persone che ha incontrato e i rumori del mondo l’hanno influenzata nelle sue composizioni?

Credo che l’arte e la musica sono un linguaggio, un modo di esprimere emozioni. Sicuramente dentro la musica ci sono le emozioni che si provano nella vita, i momenti che possono essere belli, riflessivi, allegri, drammatici. Tutto questo c’è, magari inconsciamente, ma è un mezzo per esprimere quello che uno ha dentro. Di invisibile. La vita e la musica si distinguono per trasmettere il tempo che si vive.

E il suo legame con la Sardegna com’è?

È molto profondo il mio legame con la Sardegna. Appena posso vengo assolutamente. È un’isola che ha un magnetismo particolare, mi mette in armonia. Quando torno in Sardegna, non ci sono eguali. Ho tantissimi amici che vivono qui. È come una seconda casa. Quando posso, arrivo. Mi verrebbe voglia di affittare una casa per tutto l’anno o comprarne una per venirci più spesso.

Lei è anche un insegnante, ha proposto una Masterclass dedicata ai più giovani. Come si trova a lavorare con ragazze e ragazzi?

Qua in Sardegna ho conosciuto ragazzi, compositori, riferiti al cinema. È stato piacevole comunicare con loro. Si trovano in un mondo che va avanti anche in maniera molto difficile, basta vedere quello che sta accadendo. Dobbiamo cercare di portare armonia, che è poi quello di cui abbiamo bisogno in questo momento. Trovo che siamo in un momento di rottura, divisione, odio. Un mondo impazzito. La musica e l’arte possono trasmettere l’armonia. Così possiamo dare un segno. Il rapporto coi giovani? Bellissimo. Ho fatto un gruppo, di cui fa parte anche mia figlia che è compositrice. Torneremo qui a novembre. Mi piace tantissimo suonare con loro perché sono molto aperti musicalmente. Ascoltano tante cose. Non si fanno preclusioni. Il jazz è in continua evoluzione. Nasce da contaminazioni e si continua ad andare avanti. Quella è la bellezza: cercare cose nuove e inventare cose nuove. Ci tengo ad aiutarli.

È stata protagonista (e premiata) di diverse colonne sonore: da dove nasce l’amore per il cinema?

L’amore per il cinema inizia da piccola perché mio padre è stato il tecnico del suono per tanti compositori illustri. Penso a Morricone, Rota, Trovajoli… io sono cresciuta in questo mondo. Perciò quando guardo un film faccio molta attenzione alla musica. Proprio perché mi incuriosisce. È la prima cosa che ascolto rapportata con l’immagine. Gianfranco Cabiddu, ad esempio, ha fatto vedere ad alcuni ragazzi un video di Ennio Morricone che diceva delle cose molto giuste: in un film puoi metterci qualsiasi musica, puoi metterci di tutto. Dipende da ciò che il regista vuole. Può essere classica, più pop, più rock. L’importante è che enfatizzi quello che il regista vuole. Che taglio vuole dare. La musica cambia la direzione del film. L’ho notato coi film che ho fatto con Rocco Papaleo. Come “Piccola impresa meridionale”. Era un film divertente ma aveva anche momenti più toccanti, non è stato facile. Interessante è stato vedere come su una stessa immagine, mettere una musica invece che un’altra cambiava completamente l’assetto del film. L’importanza della musica è fondamentale, alla fine. Poi certo, dipende anche dal tipo di regista. Nel cinema di Wenders o di Antognoni non c’era bisogno di tanta musica per enfatizzare.

Manuel Agnelli ha detto di recente che la musica di oggi è brutta. È davvero così? C’è speranza per il futuro?

La musica riflette questo periodo storico impostato sul danaro. Serve sicuramente per vivere, ma non puoi vivere per il danaro. E invece questa società ci impone questo dogma per cui se non sei ricco non sei nulla. Si pensa dunque alla quantità, a riempire e non alla qualità. Questo è un dramma. Se non si dà credito alle persone sconosciute e brave, come fare? Questo è un problema. La musica brutta dunque è quella di consumo, che dietro non ha un pensiero, non ha cultura e non ha studio. È un mondo sempre più impoverito, superficiale, ignorante. Fortunatamente c’è una nicchia di musicisti e addetti ai lavori che invece fanno la differenza. Bisogna ritornare a dare credito alla qualità. Com’è vivere in un mondo senza qualità? Insomma, ce ne stiamo accorgendo. Si vive sempre peggio.

Un pensiero su Pino Daniele, con cui ha avuto un rapporto umano e artistico molto stretto.

È stato un grandissimo artista e un grandissimo musicista. È riduttivo chiamarlo cantautore e basta. Lui amava suonare e studiare la chitarra. Non è un caso che si sia sempre contornato di musicisti jazz. Mi diceva sempre “Rituccia, perché non mi inviti a suonare? Non voglio venire a cantare, voglio suonare la chitarra”. È riuscito a scrivere delle melodie straordinarie, come pochi in Italia. Aveva una ricerca armonica diversa rispetto a tanti cantautori, che sono molto più basilari. Trovava soluzioni armoniche inusuali. Questa era la sua bellezza. Umanamente era molto schivo, ma aveva un grande cuore ed era umile. Amava le persone umili, non quelle che si atteggiavano. È stato un grande amico, che mi ha lasciato tante cose belle. Sono molto legata a lui.

Bonus.

Un libro: “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez
Un film: “Barry Lyndon” di Stanley Kubrick
Una canzone: “Anima” di Pino Daniele
Un piatto: Pasta coi ricci

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