Rifiuti, i sindaci Ata stralciano i 500 metri e bocciano il collega pesarese Andrea Biancani
PESARO Ore 11, si apre l’assemblea Ata dei sindaci della provincia di Pesaro Urbino: quattro ore di maratona e al nastro del traguardo l’elemento politico più rilevante, oltre al caos, risulta essere lo stralcio della discussa “osservazione 14” al piano regionale per i rifiuti, quella cioè che proponeva di ridurre a 500 metri la distanza tra centri abitati e discariche di rifiuti urbani. All’incontro tra le parti politiche, tenutosi da remoto ieri mattina, la confusione è massima. Il presidente della Provincia, Giuseppe Paolini, parte con l’appello alle 11 in punto facendo ben sperare, ma alla presenza di oltre un centinaio di partecipanti, quella che va in scena fin da subito più che una maratona, cauta ma spedita, sembra un percorso a zig zag per evitare il grande elefante nella stanza: appunto, l’osservazione numero 14.
Il posizionamento
Per due ore e mezza buona parte dei rappresentanti dei Comuni coinvolti (presenti 42 su 52) interviene più per posizionarsi politicamente che per tentare di concludere una sintesi già avviata – a porte chiuse – nell’ambito di un comitato ristretto che ha prodotto il testo oggetto di voto. Alle 13:30 finalmente si concretizza la decisione di votare sull’eliminazione del punto 14 portato dai sindaci di centrodestra e dai civici: si vota per appello nominale e fatta eccezione per Daniele Tagnani, sindaco di Frontone, si trovano tutti d’accordo. Poi a stretto giro, con un 67% di voti contrari, arriva anche la bocciatura di una nuova osservazione, la numero 18, fatta inserire all’ultimo momento dal sindaco dem di Pesaro, Andrea Biancani. Tale osservazione – che dove stoppare la fiutata stroncatura dell’osservazione 14 – se fosse stata accolta avrebbe proposto alla Regione di ritenere «congrua la distanza prevista dal Piano (il piano rifiuti regionale, ndr), di 1500 metri, per gli impianti di rifiuti pericolosi e non pericolosi non rientranti nella pianificazione d’ambito» ma aprendo alla possibilità di demandare all’Ata, quindi a un’istituzione pubblica, la «valutazione delle distanze più idonee alla fase attuativa del singolo impianto». Un testo complesso e impossibile da votare senza un minimo di preparazione, secondo alcuni, che favorisce il settore pubblico a discapito del privato, secondo altri. Fatto sta che come è nata, l’osservazione proposta da Biancani è morta. Tutti contrari tranne Pesaro e con Urbino (Maurizio Gambini) che si astiene. Uno smacco.
Niente distanze
E riguardo la questione Riceci, o “Salva-Riceci” che dir si voglia, il dato più importante che emerge dalla confusa assemblea pre-natalizia è proprio questo: nessuno dei punti che l’Ata presenterà entro domani alla Regione contiene riferimenti al tema della distanza, che la giunta marchigiana vuole fissare a 1500 metri dai centri abitati, contro i 2000 attualmente in vigore. In tal senso, val la pena ricordare che il progetto per la discarica di Riceci – che in diversi, a partire dal sindaco di Urbino Maurizio Gambini, ritengono comunque una questione estranea all’assemblea di ieri – prevede una distanza di 900 metri dal centro abitato di Petriano, quindi inferiore ai limiti previsti dalla nuova legge regionale.
Lo spettro politico
Ad assemblea Biancani sottolinea che la discarica di Riceci «non era oggetto di discussione ed esulava dal dibattito». Un dibattito definito “surreale” e interpretato come un’occasione persa «per programmare gli impianti pubblici di smaltimento dei rifiuti utili per cittadini e imprese». «Purtroppo – prosegue Biancani -l’unico obiettivo della maggior parte dei presenti è stato quello di mostrare e dichiarare apertamente un’opposizione al progetto Riceci». In ogni caso, che lo spettro politico dei calanchi di Petriano aleggiasse o meno nelle 42 stanze degli altrettanti rappresentanti coinvolti, è certamente vero, ma non è stato l’unico oggetto meritevole di confronto. Tra gli emendamenti proposti da Biancani, che bene o male è stato il protagonista, ne vengono accolti due: la richiesta alla Regione di prevedere la Verifica di impatto sanitario (Vis); il rafforzamento lessicale di un’osservazione in cui si sottolinea che «le imprese sul territorio pagheranno di più per lo smaltimento dei rifiuti». Ma – oltre al già citato punto 18 – ne vengono bocciati altri due: il raggiungimento dell’80% di raccolta differenziata; la realizzazione dei centri di selezione della raccolta differenziata.
L’amarezza
Senza nascondere l’amarezza per i risultati mancati, il sindaco dem conclude con fair play augurandosi che in futuro si possa lavorare alla creazione di una società unica provinciale e di un unico impianto di smaltimento e auspicando «che ci sia la voglia di andare uniti, senza fughe in avanti». Anche se, vien da dire, l’immobilismo che ha caratterizzato l’assemblea di ieri, più che a fughe, fa pensare a una paralisi.