Basilicata

«Riconoscere la Palestina», scontro Macron – Israele

Scontro sul riconoscimento della Palestina, per il presidente francese Macron riconoscere lo Stato palestinese è un «dovere morale» e «un’esigenza politica».


Macron ha mandato su tutte le furie Netanyahu, dopo una guerra di parole infuocate in merito alla drammatica condizione umanitaria a Gaza. Il veemente scambio verbale ha segnato il punto basso nei rapporti tra Francia e Israele e senza precedenti tanto da indurre il primo ministro israeliano a definire le dichiarazioni del capo dell’Eliseo «una crociata contro lo Stato ebraico». Venerdì il presidente francese Emmanuel Macron, in un discorso di apertura del forum sulla sicurezza a Singapore, ha affermato che l’Occidente rischia di «perdere ogni credibilità con il resto del mondo» se «lasciasse che Israele facesse quello che vuole» a Gaza.

Questa dichiarazione aveva fatto seguito ad un’altra, altrettanto forte, pronunciata durante un incontro con i giornalisti. Macron aveva chiesto a Bruxelles di «indurire la posizione collettiva» dell’Unione europea contro Israele «se non ci fosse stata nelle prossime ore una adeguata e risolutiva risposta alla situazione umanitaria a Gaza». Il leader francese non ha precisato però chiaro come gli stati europei avrebbero potuto agito a tale riguardo.

DOPO LA DICHIARAZIONI DI MACRON SULLA PALESTINA, LA REPLICA DI GERUSALEMME E L’ACCUSA DI “DOPPI STANDARD”

Il Ministero degli Esteri israeliano ha subito replicato dichiarando che il governo stava già facilitando l’ingresso di aiuti umanitari ma che ciò «evidentemente a Macron non interessava». Gerusalemme è soprattutto infuriata per l’intenzione espressa a Singapore da Macron di riconoscere uno Stato palestinese sottolineando che la Francia e altre potenze europee, tra cui la Gran Bretagna, avrebbero esaurito la loro pazienza di fronte al perdurante attacco di Israele a Gaza.

Queste dichiarazioni sono state percepite dal governo israeliano come una grave «provocazione» con l’accusa a Macron di guidare «una crociata contro lo Stato ebraico» e di voler premiare i terroristi «con la creazione di uno Stato palestinese». Nel suo discorso Macron ha anche affermato che non possono esserci «doppi standard» quando si tratta della guerra a Gaza e della guerra in Ucraina, suggerendo che l’Unione europea non può da una parte condannare Mosca per la sua aggressione contro Kiev e rimanere in silenzio di fronte al bombardamento di Gaza da parte di Israele.

MACRON SULLA PALESTINA, TRA DIPLOMAZIA E SFIDE SUL CAMPO: LA CONFERENZA ONU E LE RAGIONI DI ISRAELE

Sullo sfondo della crescente tensione c’è la Conferenza delle Nazioni Unite del mese prossimo, presieduta da Francia e Arabia Saudita, per esplorare un accordo di pace che porti alla creazione di due stati. Macron ha dichiarato che vi parteciperà e ha fatto intendere che la Francia, sebbene non si sia ancora impegnata a farlo, potrebbe riconoscere uno stato palestinese, non come «un semplice obbligo morale, ma come un requisito politico». Ieri, venerdì, durante una visita in Cisgiordania, il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha respinto le intenzioni di Macron. «Riconosceranno uno stato palestinese sulla carta, e noi costruiremo qui sul terreno lo stato ebraico di Israele», ha dichiarato.

«La carta verrà gettata nella spazzatura, e lo stato di Israele prospererà e fiorirà». Mentre Itamar Ben-Gvir, ministro della sicurezza nazionale di estrema destra ha ulteriormente reso il clima incandescente con queste parole scritte sul suo account social: «Macron fa il gioco del terrorismo islamico. Il terrorismo islamico esploderà in faccia a tutti i cittadini francesi». Ciò è totalmente inaccettabile da parte israeliana proprio nel momento in cui Hamas è a pezzi, Hezbollah è distrutta ed espulsa dalla Siria, gli Houthi e l’Iran sono in ginocchio e Assad è stato destituito grazie agli attacchi delle Forze di difesa israeliane alle organizzazioni del cosiddetto “Asse della resistenza” che è stato infranto in tutto il medioriente. «Israele non permetterà mai ad Hamas di far diventare il 7 ottobre una propria festa nazionale», dichiara Gerusalemme.

AIUTI UMANITARI E CONDIZIONI PER LA PACE: LA VISIONE ISRAELIANA

La posizione di Israele è in queste ore espressa in modo ancora più forte e nitido: «Non esiste alcun blocco umanitario, questa è una sfacciata menzogna», ha dichiarato il ministero degli Esteri israeliano in una dichiarazione in cui ha difeso i suoi sforzi per consentire l’ingresso di aiuti a Gaza, dove si registra una grave carenza di cibo e medicine. «La pressione va fatta su Hamas non su Gerusalemme», ha risposto il capo della diplomazia israeliana.

Gli aiuti umanitari fatti entrare nella Striscia da Israele, fino a marzo, ammontavano a 975 mila tonnellate di beni alimentari, a 50 mila di acqua e a 25 mila di medicine. Israele faceva entrare nella Striscia più di 600 camion al giorno, una quantità questa molto maggiore del fabbisogno alimentare della Striscia ma, come è noto, aveva interrotto l’afflusso degli aiuti perché Hamas li «saccheggiava» sottraendoli alla popolazione che veniva così istigata all’odio per lo Stato ebraico. Le derrate di aiuti finivano tutte nelle mani di Hamas che le rivendeva per finanziarsi. Non a caso, l’organizzazione terroristica palestinese vuole il controllo degli aiuti umanitari perché oltretutto attraverso di essi arrivano anche le armi. Questo è l’unico caso al mondo in cui un Paese in guerra ha fornito un aiuto alla popolazione così massiccio. Ma sin dal primo giorno Hamas lo aveva impedito con le armi in pugno.

MACRON SULLA PALESTINA E L’ESERCITO ISRAELIANO IMPEGNATO NELLA COSTRUZIONE

Il governo israeliano è stato dunque costretto a bloccare momentaneamente l’afflusso per provvedere direttamente ed efficacemente alla distribuzione, come sta avvenendo in queste ore. Hamas ora non ha più il controllo degli aiuti umanitari perché Israele ha sviluppato un piano, insieme agli Stati Uniti, per distribuire cibo di base a civili e bambini, che non raggiungerà più Hamas. Ora l’esercito israeliano è inoltre impegnato nella costruzione di tre grandi siti di distribuzione di aiuti nella striscia di Gaza, nell’area meridionale di Rafah, come dimostrano alcune immagini satellitari diffusi da organi di informazione americani, come ABC News.

Inoltre, è stato avviato un nuovo piano sostenuto dagli Stati Uniti per portare più aiuti umanitari a Gaza. Benjamin Netanyahu ha ammesso che i nuovi punti di distribuzione degli aiuti sono gestiti da «aziende americane» e «garantiti dalle Forze di difesa israeliane». Deporre le armi e restituire i rapiti, sono le uniche condizioni che pone Israele per la fine della guerra che lo Stato ebraico definisce come «guerra di sopravvivenza».

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