Ricercatori italiani attratti da Cina, Brasile e India: ecco perché
Negli ultimi anni un numero limitato ma significativo di laureati italiani in ambito scientifico ha intrapreso percorsi di studio e lavoro fuori dalle consuete rotte migratorie europee. Tra le destinazioni che stanno emergendo, la Cina è uno dei Paesi in grado di attrarre figure altamente specializzate.
Le università cinesi stanno attivamente “corteggiando” scienziati occidentali con pacchetti contrattuali altamente competitivi. In particolare, il programma governativo cinese “Thousand Talents Plan” offre stipendi elevati, fondi di ricerca dedicati, bonus per l’acquisto di immobili e sostegni familiari, in un contesto in cui le università cinesi scalano le classifiche internazionali. Il fenomeno riguarda soprattutto scienziati e ricercatori nelle scienze naturali, come fisica, biologia e chimica. Anche alcuni italiani, come il fisico Giorgio Parisi, premio Nobel nel 2021, hanno recentemente accettato incarichi prestigiosi in istituzioni cinesi.
Secondo il Seventh National Population Census pubblicato nel 2020, il paese ospita 1.430.695 immigrati, di cui 845.697 cittadini stranieri e 584.998 provenienti da Hong Kong, Macao e Taiwan. Il censimento non fornisce dati per nazionalità, e non sono disponibili stime ufficiali sulla presenza italiana.
Uno studio del Centro studi emigrazione Roma, pubblicato nel 2013 su Studi Emigrazione (n. 190), ha però documentato l’esperienza di un gruppo di giovani italiani attivi in Cina in settori come ingegneria, intelligenza artificiale e tecnologie applicate. Il saggio descrive una mobilità definita “Cina–Italia–Cina”, in cui i percorsi formativi e professionali si sviluppano principalmente a Shanghai e Pechino. Non si tratta di un’emigrazione di massa, ma di esperienze individuali ad alta qualificazione, spesso legate a progetti internazionali.
Il fenomeno non riguarda solo l’Italia. In Spagna, ad esempio, sono oltre 400 i ricercatori registrati presso la Red de Investigadores España-China (Rice), segno di una mobilità crescente anche tra i giovani scienziati iberici verso il sistema accademico cinese, attratti da condizioni lavorative difficilmente replicabili in Europa. «Lo stipendio è solo una parte delle ragioni — spiega David Pérez, fisico spagnolo e presidente della Red de Investigadores España-China (Rice) —. A Huzhou mi hanno garantito risorse per la mia ricerca e addirittura un impiego per mia moglie. È un’offerta impossibile da trovare in Europa». Pérez collabora con la Zhejiang University e partecipa attivamente alla creazione di start-up tecnologiche sostenute direttamente da fondi pubblici. Una dinamica che riguarda anche giovani italiani specializzati nei settori scientifici più avanzati, sebbene ad oggi in numeri ancora contenuti rispetto ad altre nazionalità europee.
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