Ricerca e sviluppo, dove nasce (e si assaggia) la pasta del domani
“Tutto è fatto per il futuro”. Una delle frasi di Pietro Barilla (per cinquant’anni a capo dell’azienda di famiglia) che si legge sulla copertina della biografia che fa bella mostra di sé su uno degli scaffali che dividono l’open space del nuovo centro di ricerca e sviluppo di Barilla. Si trova a Parma, dove l’azienda è presente da 148 anni. In occasione dell’inaugurazione che si è tenuta il 18 novembre, Guido Barilla, presidente del Gruppo e figlio di Pietro, ha voluto rimarcare il concetto: “Per predire il futuro bisogna crearlo, e noi ripartiamo da qui”.
L’investimento
Con un fatturato che nel 2024 ha sfiorato i 5 miliardi di euro e 30 siti produttivi in 11 Paesi (gran parte della produzione negli Usa), Barilla torna a investire in Italia. Il Barilla Innovation and Technology Experience (pensato anche con l’acronimo “Bite”, dall’inglese, “morso”) sorge accanto al molino storico, al pastificio e agli uffici dell’azienda a Pedrignano. Per realizzarlo, la multinazionale ha investito circa 20 milioni di euro, ai quali si aggiungono due milioni di euro all’anno previsti per l’aggiornamento degli impianti. Questi spazi ospiteranno la formulazione e la sperimentazione di pasta, sughi e prodotti da forno.

Gli spazi
All’inizio del corridoio, “Ritmi di calciatori”, la grande tela del 1983 di Renato Guttuso. Avanti fino alla hall principale, dove si erge “La condizione del tempo”, scultura di Paolo Borghi. Una grande cascata che prende origine dal panneggio che avvolge una figura femminile longilinea. I nuovi spazi, che si estendono per quasi 14mila metri quadrati (l’Innovation center vero e proprio ne conta 4.800, mentre gli impianti pilota ben 9) sono anche un percorso costellato da opere d’arte, che fanno parte della collezione del gruppo. “L’idea del tempo che scorre, della natura che ci accoglie, cui noi tutti noi facciamo parte, e della storia che ci definisce. L’uomo, sin dalla preistoria, ha sempre rincorso la bellezza come antidoto alla banalità del male”. Questo il messaggio che Borghi, scultore noto per le opere monumentali in bronzo e marmo, ha voluto esprimere nella sua opera, accolta come “manifesto” del nuovo polo dell’innovazione.

Le geometrie dell’innovazione
Si pensi ai sughi: la qualità del basilico viene misurata da una mappatura aromatica che utilizza un “naso elettronico” per misurare il bouquet di molecole aromatiche. Poi, un modello di intelligenza artificiale a creare una mappa che caratterizza il basilico. Ancora, ci sono le paste: tramite la stampa 3D (progetto avviato nel 2012), è possibile utilizzare l’impasto tradizionale per creare geometrie complesse, come sfere, simboli, vasi, in edizione limitata, pensate per finger food o dessert. Ci sono anche i “fusilli spaziali”, che sono stati brevettati per essere portati a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, nell’ambito di una missione. Macinazione di precisione, cottura a vapore, design di precisione. Sono solo alcune delle innovazioni che si possono oggi applicare al cibo.

Le professioni del cibo del futuro
Lavoreranno al Bite duecento persone (un misto tra nuove assunzioni e persone che già partecipano ai progetti di ricerca), tra tecnologi alimentari, ricercatori, ingegneri, food designer, assaggiatori e chef. In particolare, le figure professionali più ricercate dall’azienda sono quelle del tecnologo alimentare, del food safety and quality manager (garantisce la sicurezza e la conformità normativa dei prodotti), dell’agronomo esperto in agricoltura generativa, del sensory food expert (specialista in scienze sensoriali che coordina gli assaggiatori per definire le caratteristiche del prodotto). Ancora, food designer, cuochi, data analyst.

A caccia di talenti
Ogni anno saranno ospitati qui anche 30 profili junior, attraverso stage e collaborazioni universitarie e network di consulenti che supportano i progetti di ricerca. Guardando ai dati del 2024, tra coloro che sono entrati in stage, circa la metà sono stati inseriti poi stabilmente in azienda. “Ospiteremo talenti italiani e internazionali, perché la ricerca nel nostro mondo si affina sempre di più: nuovi modelli scientifici possono essere declinati per applicare le tecnologie ai prodotti. Il cibo non è immobile: evolve, a seconda delle ricette e delle materie prime. Il nostro è un modello sempre in divenire”, conclude Guido Barilla.
Source link




