Politica

Responsabilità politica e responsabilità penale

La vicenda giudiziaria che coinvolge il sindaco di Pesaro Matteo Ricci chiama a una riflessione che ha ad oggetto i confini tra responsabilità politica e responsabilità penale e dunque le forme e i modi con i quali si svolge l’indispensabile controllo di legalità dell’attività amministrativa affidato all’autorità giudiziaria.

Occorre ricordare, senza entrare nel merito della vicenda, che non conosco se non nei tratti dell’imputazione proposta dal p.m. di Pesaro, che un’altra Procura marchigiana, quella di Ancona, nel 2013 stroncò un intero ceto politico, additando tutti i protagonisti del Consiglio regionale delle Marche – da destra fino a Rifondazione comunista, passando per Forza Italia e il Partito Democratico – di essere coinvolti in ruberie dei fondi regionali destinati a sorreggere l’attività dei gruppi consiliari con un dettagliato racconto trasfuso nel capo di imputazione che si rivelò, come dirò, radicalmente infondato. L’accusa fu accompagnata da un (inevitabile) linciaggio mediatico.

Per molti di loro, se non per tutti, fu la fine di un impegno e di una carriera politica.

Nell’occasione avevo assunto la difesa del presidente della Regione Gian Mario Spacca che uscì prosciolto da un giudizio abbreviato: la sentenza mise in luce la totale infondatezza dei presupposti sui quali si fondava l’accusa, affidata alla guardia di finanza, senza che la Procura di Ancona avesse svolto alcuna verifica seria rispetto a un’indagine meramente contabile. Nonostante ciò, il p.m. non si rassegnò e iniziò un iter tormentato, che comprese la conferma dell’assoluzione, poi due annullamenti in Cassazione di fronte alla pretesa di lasciare in vita un processo privo di ogni plausibile riscontro. Insomma, un’esperienza giudiziaria durata così fino ad oggi, che ha costretto un protagonista politico onesto a vivere per lunghi anni sotto una spada di Damocle ingiustificata.

L’indagine del 2013 coinvolgeva, come detto, l’intero corpo degli eletti in Consiglio regionale e si divise in vari rivoli a seconda del rito prescelto, l’ultimo dei quali si è concluso con un proscioglimento generalizzato, davanti al Tribunale collegiale di Ancona nel 2022, dopo alcuni anni di dibattimento.

L’attuale presidente del Consiglio Regionale Dino Latini, di cui avevo assunto le difese, ha ottenuto un proscioglimento che ha superato perfino la prescrizione, vista l’evidenza della sua innocenza, dopo un’attesa di 11 anni. Se mai esisteva una qualche responsabilità nella gestione dei fondi pubblici è stata travolta da un simile modo di procedere.

Racconto questa mia esperienza professionale per sottolineare che tra le virtù di chi svolge il ruolo dell’accusa dovrebbe stare al primo posto una prudenza selettiva delle responsabilità, nella consapevolezza che la promozione dell’azione penale mette in moto una macchina comunque devastante, a prescindere dal suo esito nei giudizi conseguenti. Ponendo grande attenzione dal ricopiare informative di polizia giudiziaria che spesso risentono di una dipendenza dall’Esecutivo e dai Ministri di riferimento di coloro che la svolgono.

Una prudenza ancorata oggi a un vincolo legale che chiama il Pubblico Ministero a svolgere la sua azione solo di fronte alla prognosi di una ragionevole previsione di condanna.

È già intervenuto Giovanni Fiandaca, che ha fatto rilevare la scarsa compatibilità – rispetto a un regolamento di confini accettabile tra politica e giustizia – dell’ipotesi di accusa a Ricci, oggi rivelata. Se al protagonista politico si rimprovera come scopo illecito la ricerca del consenso elettorale finisce col confondersi con una ragione coessenziale al suo stesso operare .

La legittimazione del politico in un ordinamento democratico deriva dal suo essere eletto, a differenza del giudice e del pubblico ministero che fondano la ragione del loro potere sulla loro capacità cognitiva, in grado di valutare rigorosamente i fatti e le regole giuridiche che intendono applicare nell’ambito di un’autonomia garantita dalla Costituzione.

È dunque un’operazione interpretativa complessa e rischiosa perché l’intervento del sistema penale produce sempre gravi guai: non solo mette a rischio la libertà individuale, ma può travolgere la vita personale, familiare e sociale di colui che venga investito dalla procedura. Richiede particolare attenzione, tanto più quando investa persone che, per il solo fatto dell’annuncio di un’imputazione, possano ricavarne danni non riparabili.

Anche a prescindere dalle categorie dogmatiche evocate dal Maestro siciliano occorre rilevare che un approccio quale quello che viene contestato dalla Procura di Pesaro, la chiamata in causa del sindaco

assieme a buona parte del sistema amministrativo del Comune mette fortemente a rischio di un esito fallimentare l’ipotesi di accusa.

Oltre a Bibbiano occorre dunque non dimenticare la devastante esperienza marchigiana che, vista la contiguità territoriale, ben dovrebbe essere conosciuta dagli attuali inquirenti: dipingendo una notte in cui tutte le figure sono nere si oscurano eventuali responsabilità dei singoli e si costruiscono maxiprocessi, destinati a deragliare da un corretto esercizio della giurisdizione.


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