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Respingimenti in mare, nei processi “servono regole probatorie più eque a tutela delle vittime”

L’Avvocato Generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Rimvydas Norkus, ha presentato la sua tanto attesa opinione nel caso del profugo siriano Alaa Hamoudi contro Frontex. È la prima opinione mai espressa dall’Avvocatura Generale in una altrettanto inedita azione legale contro l’agenzia europea delle frontiere, che dispone di un vero e proprio esercito dotato di armi sofisticate, navi e velivoli per pattugliare i confini, terrestri, marittimi e aerei dell’Unione. Si tratta di un passo giuridico senza precedenti nell’ambito del contenzioso portato avanti da anni dalla società civile contro Frontex, con l’obiettivo di porre fine alla sua impunità legale de facto e di assicurarne la responsabilità per il suo coinvolgimento, ben documentato, in numerose violazioni dei diritti umani.

Nella sua opinione, Norkus ha affermato che “la questione in gioco in casi come quello attuale è particolarmente critica”, poiché le prove delle espulsioni collettive “possono trovarsi nelle mani dei presunti autori, piuttosto che in quelle delle vittime”. Ha quindi sottolineato che il mancato adeguamento o l’assenza di un alleggerimento dell’onere della prova può ostacolare praticamente ogni procedimento giudiziario intentato dalle vittime di tali espulsioni, permettendo così all’autore — Frontex — di agire con totale impunità. Norkus ha rilevato che il Tribunale di primo grado non ha esaminato “in alcun modo” il coinvolgimento di Frontex, né la sua conoscenza del presunto respingimento del 28–29 aprile 2020, allo scopo do valutare correttamente se l’onere della prova dovesse essere trasferito da Hamoudi a Frontex. Infine, ha osservato, che la “soglia probatoria” fissata dal Tribunale nella valutazione delle prove presentate da Hamoudi era eccessivamente elevata. L’Avvocato Generale suggerisce quindi che, nei casi di espulsioni collettive contro Frontex, debbano essere applicate regole probatorie “più eque” a tutela del diritto delle vittime di accedere alla giustizia.

Alaa Hamoudi è la prima vittima di un respingimento marittimo che – a giudicare anche dai risultati delle inchieste da parte dei media investigativi internazionali- è stato eseguito congiuntamente da Frontex e da uno Stato membro dell’Ue (la Grecia). La mattina del 28 aprile 2020, Hamoudi è sbarcato sull’isola greca di Samos insieme ad altri 21 rifugiati. Il gruppo ha chiesto ai locali di chiamare la polizia, con l’intenzione di fare richiesta di asilo. Invece, sono stati accerchiati da “uomini vestiti di nero”, messi su una zattera, trainati per ore verso le acque turche e abbandonati alla deriva per tutta la notte. La loro zattera stava già affondando quando sono stati finalmente soccorsi dalla guardia costiera turca.

Poco dopo la sua espulsione collettiva dalla Grecia verso la Turchia, Alaa Hamoudi è stato intervistato, assieme a un’altra vittima, dal sito investigativo Bellingcat, la cui ricostruzione del ‘ghost landing‘ e del respingimento si è basata, tra le altre fonti, sulle sue dichiarazioni dell’evento. Pochi mesi dopo, Der Spiegel ha scoperto le prove da cui si evince che un aereo di sorveglianza di Frontex fosse presente durante l’operazione di respingimento prolungata di fine aprile di 5 anni fa.

Nel 2022, Hamoudi ha avviato un’azione legale per danni davanti al Tribunale dell’Unione Europea. Questo caso senza precedenti è stato respinto dal Tribunale di primo grado nel 2024, che ha dichiarato che le prove presentate dalla vittima del respingimento non “dimostravano in modo conclusivo” che fosse presente e coinvolta nel respingimento di fine aprile di cinque anni fa. È proprio l’uso del termine “in modo conclusivo”, a parere di Norkus, a suggerire che il Tribunale di primo grado abbia fissato fin dall’inizio una “soglia probatoria” eccessivamente elevata. Critica pertanto l’esame limitato del caso da parte del tribunale di primo grado, a causa del quale la natura e l’entità dell’implicazione di Frontex e la sua responsabilità nel respingimento di Hamoudi sono del tutto incerte.

L’Avvocato Generale propone ora alla Corte due opzioni: se la Corte ritiene che Hamoudi abbia fornito prove prima facie che dimostrano che fosse presente e coinvolto ai propri danni, l’ordinanza impugnata dovrebbe essere annullata. Se, al contrario, Hamoudi non ha fornito prove prima facie di danno, la Corte dovrebbe rigettare l’appello. Nel caso in cui la Corte ritenga che Hamoudi abbia presentato prove prima facie, questa sarà la prima azione legale contro Frontex ad essere vinta da un aspirante richiedente asilo respinto a priori.

Iftach Cohen, il legale a capo del settore contenzioso di Front-Lex, l’ong che rappresenta Hamoudi dal 2021, ritiene di aver presentato per conto del suo assistito prove prima facie per dimostrare l’ accusa contro Frontex: “Hamoudi ha fornito molto più delle prove prima facie che ci si aspetterebbe dalla ‘vittima media’ nei casi di espulsione: ha presentato prove fotografiche e video che lo mostrano immediatamente dopo il suo sbarco a Samos la mattina del 28 aprile e prima di essere respinto verso la Turchia, nonché un video ripreso dalla Guardia Costiera turca. Inclusa nel fascicolo del tribunale vi è la ricostruzione del respingimento realizzata da Bellingcat a maggio 2020 – che si basava sulla testimonianza di Hamoudi solo pochi giorni dopo il respingimento – la cui credibilità è stata confermata sia dall’Olaf (agenzia Ue anti frode) che da due unità di Frontex. Inoltre, la sua versione dell’evento è stata specifica, coerente e consistente durante tutto il periodo successivo al respingimento, ed è in linea con i ‘fatti noti’ sull’esistenza di una pratica sistematica di respingimenti nel Mar Egeo. Se Hamoudi, con queste prove eccezionali, non è riuscito a convincere i giudici della sua accusa, nessuna vittima di respingimento ci riuscirà mai”. Il parere dell’Avvocatura non è tuttavia vincolante.


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