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respinge anche emendamenti antipandemie- Vipiù

Italia contro gli emendamenti OMS anti pandemici dopo che USA esce dall'organizzazione
Italia contro gli emendamenti OMS anti pandemici dopo che USA esce dall’organizzazione

C’è una linea sottile – ma sempre più visibile – che collega le scelte del Governo Meloni in politica estera, economia e ora anche in sanità: un allineamento quasi automatico agli interessi degli Stati Uniti, anche quando questi risultano palesemente contrari al buon senso e alla nostra storia. Il caso recente del voto contrario dell’Italia agli emendamenti proposti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per rafforzare la risposta globale alle pandemie, dopo aver verificato che le linee guida precedenti non erano state totalmente efficaci all prova del COVID,  è l’ennesimo esempio di questo appiattimento inquietante. E pericoloso.

Mentre proprio la memoria del Covid è ancora viva – nonostante la fretta di archiviarla con retorica e revisionismi – è francamente sconfortante vedere come, nel nome di una malintesa “sovranità”, l’Italia rinneghi la collaborazione con l’OMS che, seppur non priva di errori, fu una delle ancore cui ci aggrappammo nei momenti peggiori. E che ci aiutò, pur con le criticità ben note del nostro sistema, a contenere l’impatto della pandemia meglio di quanto non fecero gli Stati Uniti sotto la prima gestione Trump, il cui primo atto fu sfilarsi dal coordinamento globale, completato ora, al secondo mandato, proprio addirittura con l’abbandono dell’OMS.

Ecco: a distanza di pochi anni, l’Italia sembra voler ripercorrere quella strada. Con la scusa della “difesa degli interessi nazionali”, come dichiarato dalla Farnesina, scimmiottando gli USA, che con quella espressione vogliono di fatto tutelare soprattutto i diritti di proprietà intellettuale sui vaccini americani (leggi loro sfruttamento economico), ci si oppone a norme che avrebbero migliorato il coordinamento tra Paesi, reso più vincolanti gli obblighi informativi e rafforzato la capacità di risposta comune a minacce sanitarie. Cose che, nel 2020, avremmo invocato con tutte le forze. Oggi no. Oggi, con una strizzatina d’occhio al sovranismo e alla retorica complottista, diciamo che no, non ci serve una cabina di regia mondiale, nemmeno quando la minaccia è globale per definizione.

Ma qui sta il paradosso – e la vergogna, se si guarda bene: gli Stati Uniti, da cui prendiamo ispirazione, sono stati un caso da manuale su come non gestire una pandemia. L’abbandono delle linee guida OMS, la politicizzazione delle mascherine, la diffusione di fake news istituzionali, la sanità frammentata, le disuguaglianze sociali: tutto questo ha prodotto numeri da incubo e un caos sanitario che, purtroppo, ha fatto, cattiva, scuola. Una scuola alla quale ora l’Italia sembra volersi iscrivere.

Eppure l’abbiamo vista, noi, la differenza. Abbiamo visto un sistema sanitario, il nostro – pur con tutte le sue falle legate a ritardi conclamati proprio delle mostre istituzioni nell’aggiornare le procedure di gestione delle pandemia fissate dall’OMS –, farsi carico della salute collettiva. Abbiamo visto il coordinamento tra Regioni e Stato centrale (quando funzionava) fare la differenza. Abbiamo visto l’importanza di avere strutture pubbliche, professionisti coordinati, protocolli chiari. Abbiamo persino visto – lo ricordate? – la gente applaudire i medici dai balconi. E ora, con un colpo di spugna, diciamo che tutto questo non vale più?

Nel nome di cosa? Di una malintesa sovranità, che suona tanto come “ognuno per sé”? O di una fedeltà atlantica che ci impone di dire no a ogni proposta che dia più forza alle istituzioni multilaterali, perché tanto “lo dice l’America”?

L’Italia ha una storia diversa, una cultura sanitaria diversa. La nostra sanità, pur con le sue derive privatistiche, è ancora pubblica, universalistica, e basata sull’idea – tanto semplice quanto rivoluzionaria – che la salute non sia una merce, ma un diritto. In questo la sintonia con l’OMS, nel pieno della pandemia, fu reale e vitale. Fu, anzi, il motivo per cui riuscimmo a non affondare completamente.

Ora, invece, preferiamo sposare le tesi di chi vede nell’OMS un intralcio, un’emanazione del “globalismo”, un ente da depotenziare. Una narrazione tossica, che ci allontana dalla cooperazione e ci avvicina al modello americano: quello dove il diritto alla salute è un privilegio da pagare caro. Quello dove si muore di Covid, e non solo, perché non si può pagare l’ospedale.

Vogliamo davvero questo?

Vogliamo davvero diventare americani anche in sanità?

Se la risposta è no, allora diciamolo chiaramente: l’Italia deve tornare a essere protagonista nel rafforzare la salute globale, non a sabotarla. Dobbiamo chiedere più OMS, non meno. Più coordinamento, non isolamento. Più prevenzione, più scienza, più verità. E meno ideologia, meno sovranismo da talk show, meno inchini automatici a Washington, pur rimanendo fondamentalmente atlantisti.

Perché la prossima pandemia non ci chiederà il passaporto. Ma ci chiederà, ancora una volta, se saremo capaci di agire insieme.

E noi, da che parte vogliamo stare?


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