Regionali senza storia in Campania, Puglia e Veneto. La destra pensa a blindarsi con la legge elettorale
Tutto resta così com’era stato da un decennio e oltre. Escono Vincenzo De Luca, Michele Emiliano e Luca Zaia ed entrano Roberto Fico, Antonio Decaro e Alberto Stefani. Campania, Puglia e Veneto continuano sulla stessa strada: le prime due in mano al centrosinistra e l’ultima alla destra. Vittorie nettissime, senza storia. Due a uno e palla al centro. Il secondo tempo della tornata di Regionali va al campo larghissimo, che si presentava uno dappertutto in formazione extralarge da Avs fino a Italia Viva, e così le elezioni d’autunno finiscono con un sostanziale pareggio, tenendo conto di quanto successo in Calabria, Marche e Toscana. Tre a tre, più la Valle d’Aosta. Il convitato di pietra delle variegate esultanze e lettura del voto è l’astensionismo che nell’ultimo week end di urne è diventato il “primo partito” con maggioranza assoluta. Il crollo è del 14% rispetto alla scorsa volta.
Così, visto che ognuno esulta per le conferme, il vero tema politico diventa proprio l’incapacità di portare gli elettori nei seggi. Il che, unito all’affermazione nettissima di Decaro in Puglia e Fico in Campania, grazie al sostegno di tutte le opposizioni, fa scattare l’allerta rossa: “Da domani Giorgia Meloni proverà a cambiare la legge elettorale perché ha capito che il centrosinistra unito può vincere le politiche e contenderle la premiership”, avvisa prima di tutti il leader di Italia Viva Matteo Renzi. “Non ci sono dogmi ma crediamo che serva una nuova legge elettorale per assicurare stabilità”, ribatte Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia. Insomma, il cantiere pare effettivamente possa prendere corpo e non è detto che la maggioranza cerchi a ogni costo di trovare un accordo con le minoranze. “La destra ha paura di perdere: con la coalizione che abbiamo costruito oggi, nel 2022 non avrebbero vinto e perderebbero nel 2027. Meloni ha ben poco da saltare”, dice la segretaria del Pd Elly Schlein. Che cita Pino Daniele: “L’aria s’adda cagnà”. E il “chi non salta comunista è” dei leader del centrodestra a Napoli diventa il refrain più usato: “Non saltano più”, afferma infatti anche il leader del M5s Giuseppe Conte. In attesa di capire se e quando inizierà a prendere corpo l’idea di cambiare la legge elettorale, è il giorno del trionfo di Fico, Decaro e Stefani.
In Campania gli elettori di centrosinistra seguono ubbidienti le indicazioni “testardamente unitarie” di Schlein e danno al pentastellato Roberto Fico oltre il 60 per cento, il doppio dei voti dell’avversario meloniano Edmondo Cirielli. “L’alternativa c’è, uniti possiamo battere le destre”, esulta la leader dem che ha “concesso” la candidatura ai pentastellati arrivando a un passo dalla rottura con l’ormai ex governatore De Luca. Meloni ha sofferto la scelta di esporre alla sconfitta un suo fedelissimo, viceministro agli Esteri, battuto nonostante l’allettante promessa di un condono edilizio nella Campania martoriata da gravi abusi ed il comizio unitario dei big della coalizione. Così Napoli diventa il palcoscenico del campo largo unito, almeno oggi. Oltre a Schlein, ci sono Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Fico gongola ma ha davanti sfide pesantissime: “Scelta netta che ci riempie di responsabilità. Sarò il presidente di tutti”.
La vittoria in Puglia è ancora più larga e travalica i partiti, perché si tratta dell’ennesimo plebiscito per Antonio Decaro, che aveva già fatto segnare numeri record nelle sue precedenti sfide elettorali, tutte vinte. L’ex sindaco di Bari raggiunge il 65 per cento, doppia il candidato del centrodestra Luigi Lobuono e con le liste a sostegno della sua presidenza mette insieme una manciata di voti in meno del Pd. Paga la campagna elettorale solitaria del mister preferenze alle Europee (500 mila voti), trionfante a dispetto del sofferto iniziale endorsement della Schlein. “Grazie a Elly che ha insistito per convincermi a candidarmi. Ho sentito tutti i leader della coalizione. Io non voglio essere un duro, non voglio fare politica su un ring, rivendico le mie fragilità. Con il governo voglio collaborare”, dice Decaro che vince anche la sfida tutta pugliese con Michele Emiliano e Nichi Vendola. Il primo ha rinunciato alla candidatura, il secondo ha tirato dritto ma Avs – a spoglio quasi finito – è sul filo dello sbarramento. E ora Decaro respinge l’ipotesi di un suo pensiero verso la segreteria nazionale, ma l’idea è quantomeno nella testa dell’area riformista.
In Veneto è netta la vittoria di Alberto Stefani – 65 per cento – anche grazie al traino di Luca Zaia, tre volte governatore e capolista ovunque. L’erede naturale di Matteo Salvini, fortemente autonomista, fa vincere alla Lega anche il derby con FdI, che il Carroccio doppia, riaprendo la partita del governo della Lombardia nel 2027. Fermo sotto il 30 per cento il contendente del centrosinistra Giovanni Manildo. “Risultato oltre ogni previsione, mi davano per morto”, mette il sigillo sulla vittoria Salvini. La premier invece incassa lo smacco per Fratelli d’Italia ed elogia ecumenicamente “una vittoria frutto del lavoro, della credibilità e della serietà della nostra coalizione”. In Veneto l’altra sorpresa è il medico free vax Riccardo Szumsky, che supera la soglia di sbarramento con il 6 per cento ed è destinato a entrare in Consiglio regionale.
Source link




