Referendum su lavoro e cittadinanza: perché votare Sì è importante
di Francesco Montorio *
Il 15 giugno si potrà votare per i quattro referendum in materia di lavoro e sulla acquisizione della cittadinanza.
Col primo quesito sarà possibile abrogare il d.lgs. n. 23 del 2015, punto fondamentale del Jobs Act, la riforma del governo Renzi che ha nella sostanza eliminato l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori e introdotto il contratto di lavoro a tutele crescenti.
L’art. 18 (L. 300/1970), in combinazione con le precedenti disposizioni (in particolare L. 604/1966), prevedeva che il lavoratore, in aziende con più di 15 dipendenti, a fronte di un licenziamento illegittimo, dovesse essere reintegrato nella sua posizione aziendale. Questa era quindi sostanzialmente “stabile”, salvo provate necessità aziendali (motivo oggettivo) o gravi azioni commesse dal dipendente (motivo soggettivo/giusta causa). Così egli era tutelato anche da eventuali “soprusi” e l’art. 18 si ergeva a baluardo della dignità dei lavoratori: “architrave” dei diritti del lavoro, deterrente contro le discriminazioni e i licenziamenti facili.
Il Jobs Act ha nella sostanza eliminato l’art. 18 e ha previsto che, per le persone assunte dopo il 7 marzo 2015, anche in caso di licenziamento illegittimo, il datore di lavoro non sia tenuto a reintegrare il dipendente, ma solo a garantirgli un indennizzo economico determinato dalla anzianità in azienda. Questo come regola generale e tranne poche eccezioni (come nel licenziamento discriminatorio). Nel 2018 sull’indennità è poi intervenuta la Consulta dichiarandone l’incostituzionalità e richiedendo che i giudici valutassero anche altri fattori oltre all’anzianità.
Così, col Jobs Act, la stabilità del contrato a tempo indeterminato è stata sostituita da una sorta di “precarizzazione legalizzata” e sarebbe più corretto parlare di “tempo indeterminabile”. Una precarizzazione che, di per sé, non rilancia l’occupazione. “La più influente analisi economica ha escluso l’esistenza di relazioni statistiche significative tra precarizzazione del lavoro e occupazione”.
L’eliminazione dell’art. 18 non ha nemmeno contribuito alla crescita dimensionale delle piccole imprese. Dal 1970 al 2015 non si registra un numero significativo di imprese “ferme” di poco sotto la “fatidica soglia” dei 15 dipendenti per evitare l’applicazione dell’art. 18. Nel 2011 “la dimensione media era ferma a 3,7 addetti” e le microimprese, quelle con meno di 10 addetti, erano il 95,1% del totale. Dato sostanzialmente invariato anche dopo il Jobs Act.
Da evidenziare poi come nel 2014, prima del Jobs Act, l’art. 18 riguardasse “solo” il 2,4% delle imprese (quelle grandi) mentre tutelava il 57,6% dei dipendenti occupati nel settore privato dell’industria e dei servizi, quasi 6.507.000 di persone. Quindi per agevolare le prime si sono precarizzati tantissimi lavoratori. Con effetti che si riflettono anche sulle altre imprese (la maggioranza) e su artigiani e professionisti in quanto un dipendente “precario” avrà sempre meno disponibilità di spesa, a danno di tutti.
Quindi altro che “questione ideologica” (Renzi, 2014) o “problema ideologico” (Fornero, 2012), bandiera di una “sinistra estrema” e sindacalizzata. Lo Statuto dei Lavoratori, votato a larghissima maggioranza e anche dal Partito liberale, destra storica del Paese, era una conquista di civiltà con vantaggi per tutti, salvo per la libertà di licenziare delle grandi aziende. Anche per Indro Montanelli, che non certo “un sindacalista di sinistra e ideologizzato”, lo Statuto era “… in molte delle sue parti, una buona e illuminata legge” (L’Italia degli anni di Piombo, Montanelli-Cervi 1991).
Votando “SI” verrebbe eliminata una legge nata ingiusta (cfr. pronunce della Corte Costituzionale ma anche del Comitato europeo dei diritti sociali) e, pur se ridimensionata da diverse sentenze della Consulta, ancora iniqua. L’art. 18 verrebbe così esteso anche agli assunti dopo il 7 marzo 2015, pur nella versione fortemente ridimensionata dalla riforma Fornero (L. 92/2012), con quelle modifiche sostanziali e processuali che rendono comunque il reintegro un evento eccezionale.
Votare SI quindi è importante! Per ridare stabilità e dignità ai lavoratori, di oggi e di domani, riallineandoci alla Costituzione.
* Laureato in Giurisprudenza, ho lavorato presso importanti gruppi aziendali, prevalentemente nel settore commerciale e nella formazione. Membro del Direttivo del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale e associato a Comma2-Lavoro è Dignità, realizzo incontri sulla Costituzione e l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
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