reazioni e doppiopesismo culinario in Italia
Qualche giorno fa la Heinz, famosa per il ketchup e altre salse, ha lanciato sul mercato inglese una carbonara in lattina. Apriti cielo.
Gianfranco Vissani ha dichiarato che «queste proposte stanno distruggendo la cultura italiana e la nostra cucina», seguito da Cristina Bowerman: «La trovo un’idea orrenda e il rischio è che i consumatori provino prima questa versione in scatola rispetto all’originale», infine Alessandro Pipero l’ha paragonata al cibo per gatti.
Forse la Heinz non aveva previsto un attacco del genere da parte degli italiani. In fondo esistono centinaia di prodotti in scatola, busta o lattina, dai risotti ai ragù pronti, dai noodles orientali fino ai tortellini, quindi perché scandalizzarsi tanto?
La risposta è solo una: la carbonara. Se la stessa cosa l’avessero fatta con gli spaghetti al pomodoro o le trenette al pesto la notizia sarebbe passata inosservata. Sebbene sia l’ultima ricetta entrata nel panorama gastronomico italiano (prima degli anni ‘50 non esisteva nemmeno), ha la capacità di risvegliare i più feroci istinti di difesa delle nostre “millenarie tradizioni”. Perché ha questo effetto?
Di nuovo la risposta è solo una: ce la copiano. La giustificazione dietro le quinte è che noi abbiamo inventato alcuni piatti apprezzati universalmente (e su questo non c’è dubbio), ma il resto del mondo, invece di venire in Italia per gli originali, preferisce stare a casa propria a mangiare delle imitazioni. In poche parole, siamo grandi inventori che non sanno capitalizzare le proprie creazioni.
Già ci si gonfiano le vene in fronte quando vediamo la carbonara maltrattata con la panna sui social, figuriamoci se qualcuno ci guadagna sopra. A quel punto ci ergiamo a paladini in difesa della nostra cultura culinaria e ci sentiamo in dovere di dire la nostra ogni volta che viene cucinato un piatto di spaghetti dall’altra parte del mondo. In compenso il Saikebon va bene perché siamo anche campioni di doppiopesismo.
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