Rappresaglia limitata: perché la risposta dell’Iran contro le basi Usa è un flop
Un attacco in Qatar, allarmi in Iraq, Bahrain e Kuwait. Mentre le notizie dalla rappresagli iraniana contro le basi Usa in Medio Oriente giungono ancora alla spicciolata, un aspetto appare di per sè evidente: si è trattato di una messa in scena dovuta. Poi, la conferma: nessun attacco iraniano è stato registrato in altre basi statunitensi ad eccezione del Qatar. Mutatis mutandis, proprio come all’indomani dell’uccisione di Qassem Soleimani, sebbene questa volta l’azione combinata di Usa e Israele ha inferto molti più danni al regime di Teheran che in passato.
“Il numero di missili utilizzati dall’Iran per attaccare la base aerea di Al Udeid in Qatar è lo stesso numero di bombe utilizzate dagli Stati Uniti per colpire gli impianti nucleari iraniani“, ha affermato la segreteria del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale dell’Iran. Un’affermazione che farebbe anche sorridere, se non si trattasse di una tragedia. Ma c’è di più: l’Iran avrebbe coordinato il suo attacco alla base aerea di Al Udeid con il Qatar, il che si aggiunge al fatto che l’amministrazione Trump era a conoscenza della minaccia in anticipo, secondo quanto riporta Axios.
Un’immagine satellitare del 19 giugno mostra le piste di atterraggio della base aerea di Al Udeid in Qatar quasi deserte, suggerendo che gli Stati Uniti abbiano spostato in anticipo i propri aerei non protetti. Il riposizionamento sarebbe avvenuto nei giorni precedenti all’attacco missilistico iraniano lanciatooggi contro la base, in risposta ai bombardamenti americani sui siti nucleari iraniani avvenuti nel fine settimana.
Secondo fonti del Pentagono citate dalla Cnn, il trasferimento degli aerei è parte di una strategia più ampia messa in atto dal comando USA per ridurre l’esposizione delle proprie forze a possibili ritorsioni nel crescente conflitto tra Teheran e Tel Aviv. Parallelamente, anche le unità navali statunitensi stanziate presso la base di supporto navale di Manama, in Bahrein, sono salpate nei giorni scorsi, abbandonando il porto. Al momento non è stato reso noto dove siano state ridislocate le forze aeree e navali.
Il ministero degli Esteri del Qatar ha rilasciato una dichiarazione affermando che le difese aeree del Qatar “hanno sventato l’attacco e intercettato con successo i missili iraniani”, senza segnalare feriti o morti. Il Qatar, che spesso funge da intermediario nei colloqui diplomatici nella regione, ha condannato fermamente l’attacco iraniano e ha chiesto un ritorno al tavolo delle trattative. La lunga dichiarazione è stata pubblicata pochi minuti dopo il raid di Teheran e sembra essere stata preparata in anticipo.
Annunciare la rappresaglia. Consentire al nemico di evacuare per tempo le proprie basi. Non fare danni, non uccidere. Sebbene questa sembri un’escalation verso un conflitto più ampio, in realtà potrebbe essere l’esatto contrario. Significa 1) ammettere di non poter fare di più 2) di non voler fare di più 3) comunicare palesemente di aver lasciato un porta aperta. Al dialogo? Alla negoziazione? Alla riapertura dei giochi? Difficile dirlo. L’unica certezza, al momento, è che il copione previsto è stato rispettato, a mezzo di una strategia fantozziana: l’unica, tuttavia, che permetta al regime degli ayatollah di non perdere la faccia ma, allo stesso tempo, di evitare una guerra totale che metterebbe a rischio la sopravvivenza del regime stesso.
Khamenei, 86 anni, resta la figura centrale nel processo decisionale e ogni svolta diplomatica dovrà necessariamente avere la sua approvazione.
Ma la sua assenza dal dibattito pubblico – non ha più diffuso messaggi video dopo l’attacco statunitense – rende il dialogo estremamente complicato, se non del tutto bloccato. Anche le linee di comunicazione informali tra Washington e Teheran, che sono rimaste aperte nonostante l’escalation, risultano ora fortemente compromesse.
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