Raoul Bova, le chat al centro dell’indagine per tentata estorsione: «Non è il caso che venga fuori uno scandalo sui giornali, no? Per il tuo matrimonio, per la tua immagine»
«Questa è pesante cavolo, anche con audio che conferma tutto. Nelle mani di Fabrizio diventa una puntata di Falsissimo. Sono già in contatto con lui». L’11 luglio Raoul Bova riceve sul telefono un messaggio da un numero spagnolo, su cui la polizia postale indaga per capire se sia riconducibile a Federico Monzino, 29 anni, erede di una famiglia di industriali milanesi.
L’attore, oggi protagonista di Don Matteo, risponde: «Io non sono più in una relazione da tempo, quindi non è una cosa che crea un disastro». Dall’altra parte, l’interlocutore ribatte: «Ah ok, allora meglio. Anche perché rovinare un matrimonio era la cosa che più mi dispiaceva». Bova chiarisce: «Non sono più sposato da due anni».
La conversazione si fa sempre più esplicita. L’anonimo scrive: «Non è il caso che venga fuori uno scandalo sui giornali, no? Per il tuo matrimonio, per la tua immagine, per il tuo presente e futuro lavoro… Altro che Don Matteo. Ho dei contenuti fra te e Martina Cerretti che ti farebbero molto male». E aggiunge l’offerta finale: «Se mi vieni incontro blocchiamo tutto e rimane privato, poi se vuoi essere gentile e farmi un regalo, dato che ti sto salvando il culo, sta a te… ti evito una cosa pesantissima».
Agli inquirenti sembra un tentativo di estorsione vero e proprio, che porta Bova a denunciare immediatamente alla polizia postale. Secondo l’informativa trasmessa alla Procura di Roma, non si è trattato di un gesto improvvisato ma di «una precisa programmazione con l’intento di vedere poi pubblicati quei file sul blog di Fabrizio Corona». E infatti, una decina di giorni dopo, i contenuti finiscono online.
Corona, sentito come persona informata sui fatti, ha negato di sapere di un ricatto, ammettendo solo di aver ricevuto quei file. Monzino respinge l’accusa di essere l’autore dei messaggi. Ha dichiarato di aver consegnato i file a Corona «per fare un favore a Martina che voleva diventare famosa». La stessa Martina Ceretti, 23 anni, modella seguita da oltre 100 mila follower, sostiene di aver passato gli audio all’amico «in buona fede e senza secondi fini».
Il legale di Monzino, Sirio Serafinelli, sottolinea che il suo assistito «ha preso le distanze dai messaggi inviati a Raoul Bova, affermando di non esserne lui l’autore. Dice di aver inoltrato chat e messaggi audio dell’attore a Fabrizio Corona e che la sua amica Martina Ceretti ne era a conoscenza».
Resta però il sospetto che dietro ci sia un disegno più ampio. «Una trappola tesa per mesi, in attesa che Raoul Bova commettesse un errore. Che alla fine, almeno per chi lo ha ricattato, ha fatto davvero», scrive il Corriere. Gli inquirenti valutano anche la possibilità che i messaggi siano stati inviati da più persone, visto il tono e la scarsa conoscenza della vita privata dell’attore (il mittente non sapeva nemmeno che l’attore non è mai stato sposato con la compagna Rocío Muñoz Morales).
L’attore si è affidato ad Annamaria Bernardini de Pace
Intanto, per affrontare le questioni legate all’affidamento dei figli, Raoul Bova si è affidato a Annamaria Bernardini de Pace, avvocata divorzista dei vip e sua ex suocera (l’attore è divorziato da anni dalla figlia Chiara Giordano). La legale sarà al suo fianco anche nel ricorso al Garante della Privacy. «Sono fiera del padre dei miei nipoti, per questo ho deciso di difenderlo. Lui non ha ceduto al ricatto perché non aveva nulla da nascondere e ha presentato subito la denuncia. Ho apprezzato molto questa sua scelta», spiega al Corriere.
Insieme con il collega David Leggi, Bernardini de Pace ha presentato diffide a una lunga lista di soggetti: «Fabrizio Corona, Meta, Google, Youtube, Tik Tok, X, Ryanair, insieme con le società di calcio di Napoli e Torino». L’obiettivo è «l’immediata rimozione di tutti i contenuti riferibili alla vicenda sul blog di Corona Falsissimo, oltre che da Google e Ryanair», chiedendo anche la deindicizzazione globale e risarcimenti fino a mezzo milione di euro a testa.
Nel documento presentato si denuncia la «diffusione illecita, fraudolenta, virale e scellerata di un file audio estratto da una conversazione privata fra lui e un’altra persona, Martina Ceretti, divulgato contro il volere, anzi a insaputa, del reclamante su tutte le piattaforme social e sui motori di ricerca».
Nei prossimi giorni, la Procura potrebbe disporre nuovi accertamenti per chiarire i punti ancora oscuri, a partire dal reale tornaconto che il ricattatore si sarebbe aspettato dalla pubblicazione dei file.
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