Lazio

“Questa riforma è naturale e logica. Considero assurde le critiche dell’Anm” – Il Tempo


Edoardo Sirignano

«Mi dispiace che il centrodestra berlusconiano abbia messo il cappello su una riforma naturale, logica e conseguenza di quel cambiamento realizzato, prima di Tangentopoli e della Seconda Repubblica, da Vassalli». A dirlo Antonio Di Pietro, ex Pm di Mani Pulite e fondatore dell’Italia dei Valori.

Che idea si è fatto rispetto al testo approvato ieri in Senato?
«Mi piace dire che è una prosecuzione della modifica realizzata alla Costituzione nel 1989, quando il rito da inquisitorio diventò accusatorio e si scrisse, in modo esplicito, che le parti si dovevano presentare davanti a un giudice terzo. Parliamo di un cambiamento, allora, voluto da tutti, senza alcuna distinzione di colore. Quel testo, però, aveva una mancanza, ovvero che non specificava come un magistrato per essere davvero imparziale non dovesse far parte né dell’accusa, né della difesa. Questo è il principio generale di quanto approvato lo scorso pomeriggio in Senato e la ragione per cui tutti dovrebbero essere favorevoli alla separazione delle carriere».

C’è più di qualcuno, soprattutto a sinistra, che critica tale svolta?
«Mi amareggia, e non poco, il fatto che si prenda posizione, senza leggere il testo. L’articolo 104 della Costituzione recita che “i magistrati sono un organo autonomo e indipendente”. Parametri non scontati, ma legati alla volontà del singolo. La Carta non dice ai togati di sottomettersia una determinata parte politica. La riforma Nordio sottolinea soltanto un principio contenuto nella legge dello Stato e lo rafforza, sostenendo che, non solo i giudici, ma anche i Pm sono, appunto, autonomi e indipendenti. Ecco perché chi parla di passo indietro ha capito poco o nulla. E non è una questione di tessere».

 

 

Con questa forte presa di posizione potremo sperare in un terzo potere meno schiavo delle famose “correnti”?
«Questa riforma, come la precedente, garantirà solo sulla carta l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Non basta cambiare le regole del gioco per evitare che qualche collega si presti alle logiche di questo o quel partito».

Che idea si è fatto rispetto alle critiche dell’Anm?
«Non mi ci ritrovo. È un’assurdità dire che, con la separazione delle carriere, si sottopone la magistratura al governo».

Negli ultimi giorni, ha fatto discutere, e non poco, l’inchiesta “Palazzopoli”. Le ricorda Tangentopoli?
«Mani Pulite ha scoperto dei soggetti che ottenevano vantaggi personali quanto venivano corrotti o corrompevano. Era, dunque, un’inchiesta sul rapporto tra il sistema delle imprese e quello della politica, dove l’oggetto era il denaro, la mazzetta o meglio l’interesse del singolo. Noi cercavamo soldi. Qui, al contrario, non si indaga su un reato, ma su un intero modello di sviluppo. Un compito che spetta alla politica e non a un togato.nDetto ciò, non voglio svalutare la gravità dell’accaduto, ma allo stesso tempo ritengo che tale vicenda possa rappresentare un’occasione per fare un’importante riflessione».

A cosa si riferisce?
«Si potrebbe finalmente riportare un istituto giuridico alla sua reale dimensione, specificando, una volta per sempre, che l’avviso di garanzia non vuol dire niente in termini di responsabilità. Se entriamo in quest’ottica la finiamo di criminalizzare anzitempo persone che da carnefici, poi, si rivelano vittime».

 

 

Una regola, però, che dovrebbe valere anche per Salvini. Se la sinistra è garantista con il sindaco Sala, non lo è col vicepremier…
«La Lega, però, sbaglia quando parla di accanimento nei confronti del proprio leader. Salvini si è difeso all’interno del processo e il primo grado gli ha dato ragione. La procedura, altresì, ne prevede un secondo».

Il ministro delle Infrastrutture, a suo parere, è innocente?
«Ne sono convinto, ma sono per la difesa nel processo e non per le crociate contro di esso. Sono il primo ad aver sempre detto che un intero governo, e non solo Salvini, abbia deciso i tempi e i modi con cui doveva entrare quella nave, a cominciare dall’allora presidente del Consiglio.
Non dimentichiamo che un pubblico ufficiale è ugualmente responsabile per quanto compiuto da un suo sottoposto».

A proposito di consenso, la sinistra, ancora oggi, fa del giustizialismo un indiscusso cavallo di battaglia. Da Milano a Bari, intanto, c’è chi predica bene e razzola male. Non crede sia finito il tempo dei moralismi?
«Di fronte alla legge non esiste destra, sinistra o centro. Sbaglia, a prescindere, chi si erge a paladino della giustizia. Esiste chi rispetta la legge e chi, al contrario, la infrange».


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