Toscana

quando il male non lascia lividi ma tracce profonde














Non tutte le vendette fanno rumore. Alcune si insinuano piano, con eleganza, con apparente gentilezza. Sono silenziose, calcolate, chirurgiche. E proprio per questo, molto più pericolose. 
È la vendetta sottile, quella che non colpisce il corpo, ma l’identità. Che non urla, ma sussurra. Che non lascia lividi… ma ferite invisibili e profonde.

È quella dell’ex che parla male di te con gli amici comuni, facendo sembrare tutto “una battuta”. È quella del partner che ti fa sentire in colpa per ogni passo che fai verso la tua libertà. È quella dell’amico che ti toglie terreno sotto i piedi con piccoli gesti, piccole omissioni, piccoli sabotaggi.

Sono gesti studiati, parole taglienti mascherate da ironia, sorrisi che nascondono disprezzo. Chi li mette in atto non cerca un confronto diretto, ma mira a ferire dove fa più male: nella fiducia, nella stima, nel cuore.

E la cosa più inquietante è che spesso la vendetta sottile arriva da chi dice di amarci. Da chi si sente ferito, rifiutato, messo da parte e allora restituisce dolore con eleganza velenosa.

Chi la subisce finisce spesso per dubitare di sé, per sentirsi paranoico, esagerato, troppo sensibile. Ma no, non è nella tua testa. È reale. È solo che non lascia segni visibili, e proprio per questo è difficile da raccontare, da denunciare, da nominare.

Eppure, serve farlo. Serve riconoscerla, darle un nome, un volto, una voce. Perché la violenza psicologica non è sempre esplicita. Spesso è un gioco di precisione. Ma non per questo è meno distruttiva.

Saperla vedere è il primo atto di guarigione. Scegliere di non restare nel gioco è il secondo. Perché chi ti punisce in silenzio non ti sta amando. Ti sta uccidendo a piccole dosi.





















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