Qualità del lavoro e nuovi spazi le sfide dello Stabile
Un teatro pubblico che si caratterizza per il coraggio delle scelte e per la visione in prospettiva. Il Teatro Stabile di Torino da anni affronta sfide manifestando attenzioni rispetto a tutti i comparti, artistici e tematici, organizzativi, strutturali, territoriali. Si pensa al benessere dello spettatore, offrendogli prodotti degni e parecchio variegati, ma si pensa anche a con quali mezzi pubblico e interpreti possano raggiungere i teatri, alla fruizione di persone con disabilità, ipovedenti, autistici, sordi. E se avvicinare le comunità straniere è un argomento ancora in fieri, non lo sono la ricerca di nuovi spazi e di relativi pubblici di prossimità.
«Ma il nostro pensiero è anche rivolto ai lavoratori, attori e tecnici, alla loro retribuzione, perché sia adeguata al costo della vita», ha messo il luce il direttore Filippo Fonsatti. E c’è attenzione anche all’ambiente e ai mezzi con cui i lavoratori vanno a lavorare. Tutti temi convogliati nella decisione di lavorare per il prossimo anno a un bilancio di sostenibilità. «Siamo il primo teatro – spiega il presidente Alessandro Bianchi – a percorrere questa strada, non obbligatoria, ma importante per evidenziare i molti ambiti in cui il teatro può giocare un ruolo e le comunità con cui può costruire un dialogo, oltre naturalemente al rapporto con il pubblico, che è imprescindibile, ma non è l’unico».
Un cartellone teatrale è una macchina complessa che cerca di regalare bellezza. Consci che non tutti gli spettacoli raggiungano l’obiettivo, Bianchi, Fonsatti e il direttore artistico Valerio Binasco hanno plasmato un progetto efficace. Sale piene (quasi 250mila spettatori complessivi), un aumento del 27% di under 35, con il 40% degli abbonamenti acquistati dai giovani nella stagione attuale. Sono 853 il totale delle recite nel 2024 tra sedi e tournée, produzioni e ospitalità, con gli spettacoli serali appaiati alle repliche diurne del titolo per ragazzi sempre molto seguito dalle scuole (da febbraio a maggio è in arrivo “Pinocchio” da Collodi per la regia della brava Marta Cortellazzo Wiel). Soddisfazioni per Torino supportate anche da prestigiosi premi, Internazionale Flaiano a Leonardo Lidi per “Zio Vanja” di Cechov miglior regia, Associazione nazionale critici di teatro a Giuliana De Sio per due interpretazioni, diretta da Filippo Dini e Valerio Binasco, “Agosto a Osage County” e “Cose che so essere vere”, le Maschere del teatro italiano a Manuale Mandracchia e il Premio Ubu ad Aurora Damanti per i costumi del “Progetto Cechov”.
Poi ci sono le prospettive di incremento degli spazi. Il Teatro Stabile di Torino nel 2025 compirà settant’anni. Nel tempo le sale sono cambiate, aumentando e diminuendo, ma da un decennio l’intento è di crescere promuovendo l’efficacia di tutte, ad esempio offrendo biglietti vantaggiosi ai cittadini di Moncalieri e fornendo le Fonderie Limone di un servizio navetta. Si prevede il recupero della Cavallerizza Reale, che era già stata sede di spettacoli e che è in procinto di ristrutturazione. Meno probabile, ma non totalmente escluso, invece l’utilizzo del più ampio Teatro Nuovo, i cui lavori procedono su corso Massimo D’Azeglio.
E va sottolineata anche la contemporaneità insita nel cartellone, con numerosi autori viventi e la scelta di temi attualmente urticanti. Questa tendenza alla sperimentazione, che trova casa soprattutto al Teatro Gobetti, si era avviata negli anni terribili della pandemia e non si è più fermata. Debutterà in prima nazionale alle Fonderie Limone il 14 gennaio “La trilogia dei Libri. Antico Testamento” con la regia di Gabriele Vacis che ha guidato i giovani di PoEM Impresa Sociale in tre spettacoli rivolti alle tre grandi religioni monoteiste, Ebraismo, Cristianesimo, Islam, mettendo in scena i Libri Sacri attraverso lo sguardo delle ultime generazioni. Messinscene coraggiose.
Vacis però è un artista che non si tira indietro. Era stato contestato sui social per il suo lavoro “Supplici a Portopalo” sulle migrazioni in mare. Perché il teatro è potente e ad alcuni fa paura.
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