Lazio

Quale Giubileo

Agenzia Aniene Onoranze Funebri


Questa mattina, 26 dicembre 2024, Papa Francesco ha aperto una porta santa per il Giubileo 2025 al carcere di Rebibbia. Quello che viene definito come un gesto storico, prima volta nella storia della Chiesa cattolica in cui viene aperta una porta santa oltre alle quattro tradizionali basiliche papali
romane.  “Che il Giubileo abbia inizio” è il titolo che campeggia sui
giornali da diverse settimane. L’universo cattolico gongola, il sindaco
si complimenta, il Governo applaude, gli occhi del mondo sono puntati su
Roma e, per un giorno, su Rebibbia.

Eppure, diverse domande riecheggiano tra le vie del quartiere. Ai bar,
nelle piazze, nei negozi ci si chiede cosa significhi il Giubileo, al di
là dei riflettori. Se ci saranno dei miglioramenti effettivi per chi
vive nei quartieri della città, per chi abita a Rebibbia-Ponte Mammolo.
Se almeno una parte dei 4 miliardi stanziati per questo anno giubilare,
oltre al “piccolo miracolo civile” di Piazza Pia o lo sfarzo di Ponte
Risorgimento, verranno stanziati per la vita delle persone che forse su
quel ponte non ci sono nemmeno mai passate.

«Spes non confundit», «la speranza non delude» (Rm 5,5). Con queste
parole Papa Francesco ha bollato l’indizione dell’anno santo, attraverso
le parole dell’apostolo Paolo per infondere coraggio alla comunità
cristiana di Roma. Chissà cosa penserebbe l’apostolo Paolo, se vedesse
che questo Giubileo si inaugura in un contesto di frontiere diventate
cimiteri marini e lager, e di guerra globale a pezzi, citando proprio
Papa Francesco. Se osservasse il pontefice aprire una porta santa al
carcere di Rebibbia nell’anno in cui si è registrato il record di 86 (88
mentre scriviamo) suicidi tra le persone recluse. Se si rendesse conto
che le scuole dei quartieri chiudono per i dimensionamenti, e che la
sanità territoriale viene tanto sbandierata quanto definanziata. Chissà
cosa direbbe l’apostolo Paolo se qualche familiare dei tre morti di
Scampia si rivolgesse a lui per le scarse manutenzioni all’edilizia
popolare pubblica.

Quale Giubileo? Quello della carità cristiana o quello che irrigidisce
la frontiera invisibile tra i quartieri che non meritano di essere parte
della città, e quelli che invece sono degni di essere parte dei grandi
eventi, dei grandi investimenti? Quello della giustizia sociale o quello
della turistificazione, degli sfratti per far posto ai pellegrini, della
città ostaggio di milioni di visitatori?

Lunedì scorso, mentre si compiva il miracolo a Piazza Pia, una donna
moriva schiacciata da un albero a pochi passi da qui per la scarsa
manutenzione delle aree verdi. Caro Papa Francesco, non basta una strada
asfaltata il giorno prima di Natale per aprire un Giubileo della
speranza. Servono investimenti seri, ora. Sono anni che lo diciamo: non
c’è più tempo.


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