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Pulp – More | Indie For Bunnies

Con le loro lunghe e frequenti pause sono quasi cinquanta anni che i Pulp esistono: il loro album più recente, il loro settimo, “We Love Life”, il prossimo anno festeggia un quarto di secolo e sono tanti a chiedersi se pubblicare un nuovo full-length fosse un’operazione davvero necessaria per la formazione di Sheffield. Si puo’ cadere nella nostalgia e nel passato e non portare nulla di nuovo oppure tentare qualcosa di nuovo, sbagliando magari completamente la lettura e facendo una figura ben poco memorabile, ma questo per fortuna non è avvenuto per Jarvis Cocker e compagni.

Credit: Press

Quando, qualche mese fa, avevamo letto della loro firma su un contratto con la prestigiosa Rough Trade Records, non possiamo negare che i nostri occhi hanno cominciato a brillare speranzosi e dobbiamo ammettere che, dopo aver ascoltato attentamente più volte questo “More”, fa piacere riscontrare che invecchiando il talento e la qualità di Jarvis e compagni non siano diminuiti.

Registrato lo scorso autunno in appena tre settimane nell’est di Londra, il nuovo disco del gruppo di Sheffield è stato prodotto dal noto James Ford (Arctic Monkeys, Fontaines D.C.) ed è dedicato a Steve Mackey, il loro storico bassista deceduto nel 2023.

Il divertente singolo principale “Spike Island” – titolo che prende spunto dalla location di uno storico concerto degli Stone Roses – apre le scene con un tocco che ci piacerebbe definire synth-pop, se non ci fossero comunque presenti anche molti altri elementi importanti nella sua economia sonora, come i sempre lussureggianti violini o le rumorose chitarre o delle percussioni saltellanti. L’energia non manca e scommettiamo che questo pezzo sarà un sicuro protagonista nelle setlist dei prossimi tour dei Pulp.

Più avanti “Farmers Market” vede un momento più riflessivo e romantico: il piano e il raffinato ricamo dei violini permettono alla profonda voce di Jarvis di disegnare pura poesia con grande classe.

“Got To Have Love” ha una maggiore spinta propulsiva e sembra portarci verso ambientazioni disco dai sapori ’80s con quei suoi synth dancey, ma anche con inarrestabili percussioni: il coro poi è davvero impressionante e, senza sentirsi fuori tempo, ci regala momenti di pura esaltazione in cui i vocals di Cocker rimangono in grande evidenza, così come i violini e le sue pur intense sensazioni melodiche.

Parlando di melodie vincenti non possiamo dimenticarci di citare “Grown Ups” che mette in luce sin da subito la sua bellezza con quel suo riff ripetitivo, ma piacevolissimo, mentre Jarvis riflette, utilizzando un pur caldo spoken-word, sulla vita che va avanti, mentre le priorità cambiano: il risultato è senza dubbio classico, ma assolutamente vitale ancora oggi.

Un’altra piccola perla contenuta su “More” è “The Hymn Of The North”, che parla di Sheffield e delle sue radici nello Yorkshire: questo brano è qualcosa di meraviglioso grazie alla delicatezza del piano e degli arrangiamenti degli archi, ma allo stesso tempo i Pulp trovano il modo per sperimentare con qualche inserzione di synth, che si aggiunge alla poesia della voce di Jarvis.

C’era bisogno di un nuovo LP del gruppo inglese dopo così tanti anni? La risposta è un sì convinto. “Questo è il meglio che potevamo fare“, scrivono i Pulp nella press-release e il valore di questo meglio è ancora una volta totale: Jarvis e compagni sono ancora loro, sono riconoscibili, ma allo stesso tempo sono attuali, romantici, teatrali e sinceri e la loro classe è davvero unica ancora oggi. E, per chi se lo fosse chiesto, no, non è “just a sunset“.


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