Società

Privacy digitale sul lavoro: quando i messaggi privati diventano fonte di controversie. Attenzione a cosa si scrive sui social

Garante Privacy infligge sanzione record: 420.000 euro per uso illecito di dati personali

La decisione del Garante per la protezione dei dati personali ha segnato un punto di svolta nella tutela della privacy digitale dei lavoratori. L’Autorità ha comminato una multa di 420mila euro a una società per aver utilizzato dati personali estratti da Facebook, Messenger e WhatsApp di una dipendente per giustificare il procedimento disciplinare che ha portato al licenziamento.

Nel caso specifico, la società aveva ricevuto screenshot di conversazioni private tramite segnalazioni di colleghi o terzi, senza intraprendere indagini dirette. Tuttavia, il Garante ha chiarito che l’uso passivo dei dati ricevuti configura comunque un trattamento soggetto alle regole del GDPR. L’Autorità ha sottolineato che i contenuti provenivano da ambienti digitali privati come gruppi chiusi e chat personali, dove la dipendente aveva una legittima aspettativa di riservatezza.

La violazione è stata individuata nella mancanza di un bilanciamento tra l’interesse aziendale e i diritti della lavoratrice, come richiesto dal GDPR. Il Garante ha inoltre precisato che i dati personali pubblicati anche su social network accessibili a un gruppo ristretto non possono essere utilizzati indiscriminatamente a ogni fine, solo perché visibili ad altri.

Evoluzione giurisprudenziale: dalla Corte Costituzionale alla Cassazione

La sentenza n. 170/2023 della Corte Costituzionale ha rappresentato un momento cruciale nell’evoluzione della tutela della corrispondenza elettronica. La Consulta ha stabilito che lo scambio di messaggi elettronicie-mail, SMS, WhatsApp e simili – rappresenta una forma di corrispondenza tutelata dagli articoli 15 e 68 della Costituzione.

La Corte ha chiarito che la tutela costituzionale non si esaurisce con la ricezione del messaggio da parte del destinatario, ma permane fino a quando la comunicazione conserva carattere di attualità in rapporto all’interesse alla sua riservatezza. Solo quando il decorso del tempo trasforma il messaggio in un documento storico cessa la protezione speciale.

La Corte di Cassazione ha successivamente recepito questi principi con la sentenza n. 5936 del 6 marzo 2025 e la simile n. 5334/2025. Gli Ermellini hanno affermato che i messaggi inviati a persone determinate, facenti parte di chat ristrette di colleghi di lavoro, riflettono la volontà del mittente di escludere terzi dalla conoscenza del messaggio.

La Suprema Corte ha stabilito che la garanzia della libertà e segretezza della corrispondenza privata impedisce di elevare a giusta causa di licenziamento il contenuto delle comunicazioni private del lavoratore, a prescindere dal mezzo e dai modi con cui il datore di lavoro ne sia venuto a conoscenza.

Nuovo quadro normativo: il Codice di comportamento per i dipendenti pubblici

Il DPR 13 giugno 2023 n. 81 ha introdotto significative modifiche al codice di comportamento dei dipendenti pubblici, inserendo l’articolo 11-ter dedicato all’utilizzo dei mezzi di informazione e dei social media. La nuova normativa prevede che nell’utilizzo dei propri account di social media, le opinioni o i giudizi del dipendente su eventi, cose o persone, non devono essere attribuibili direttamente alla pubblica amministrazione di appartenenza.

Il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all’immagine dell’amministrazione. Le comunicazioni afferenti il servizio non si svolgono, di norma, attraverso conversazioni pubbliche mediante l’utilizzo di piattaforme digitali o social media, salvi i casi di esigenza istituzionale.

La normativa prevede, inoltre, che le singole amministrazioni possano dotarsi di una social media policy per ciascuna tipologia di piattaforma digitale, al fine di adeguare alle proprie specificità le disposizioni introdotte.


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