Primavera Sound – Giorno 2 @ Parc del Fòrum (Barcellona, 06/06/2025)

Dolce, dolcissima la seconda giornata di questo Primavera Sound (se vi siete persi il resoconto della prima, lo trovate qui!).
Come primo act corriamo a vedere i feeble little horse – bravi, anche se il mixaggio non era esattamente il massimo. Grandissima soddisfazione offrono invece i Tramhaus e il loro post punk euforico, che ci dà la grinta giusta per iniziare questa giornata.
Altrettanto grintosi (quanto interessanti) gli Yoasobi, duo proveniente da Osaka; solitamente gli artisti giapponesi che porta il Primavera non deludono (vedasi anche le Atarashi Gakko!, l’anno scorso), e quest’anno non è stato diverso. J-Pop tradizionale ma con un occhio al futuro, con salti vertiginosi da un genere all’altro. Orecchiabili ma non dozzinali, e soprattutto parecchio divertenti.
Il cuore si scioglie invece con Waxahatchee, che con tutta la grazia del mondo mette su uno spettacolo meraviglioso quanto poetico, portandosi sul palco anche MJ Lenderman. Grandi pianti, ma anche grande amore – che condividiamo con gli Still House Plants e il loro sound non convenzionale ma decisamente ipnotico. Sanno catturare l’attenzione, disperderla e poi riprenderla in un attimo. Confusionari ma speciali.
Altrettanto speciale è stata la sostituzione last minute di Clairo con i Wolf Alice – certo, avremmo molto apprezzato ascoltare “Charm” dal vivo, ma non ci lamentiamo assolutamente (anche perché non sempre il Primavera riesce a trovare dei sostituti per gli headliners, tanto meno per quelli che si ritirano all’ultimo…). Grande impazienza per il nuovo album “The Clearing”, in uscita il 29 agosto, ma nell’attesa ci godiamo l’ultimo singolo “Bloom Baby Bloom”. Un pochino (ma non troppo) grazie, Clairo.
Proseguiamo con niente meno che The Hard Quartet, la nuova band di Stephen Malkmus (sì, avete letto bene). Il loro show trasuda di professionalità ma senza pesantezza o voglia di prendersi troppo sul serio, tutto sommato sorprendenti. Da rivedere.
Non male anche le sorelle HAIM, che si confermano uno dei nomi più intriganti nell’indie rock degli ultimi anni. Iconiche “The Wire” e “Now I’m In It”, ma non mancano le ultime uscite come “Everybody’s trying to figure me out”, dal prossimo disco “I quit” (in uscita il 20 giugno).
Decisamente intensi i Gouge Away, che tra la presenza scenica di Christina Michelle e tanto sano post-hardcore hanno dato vita a momenti elettrizzanti – anche Zaho de Sagazan, seppur il suo sia un genere totalmente diverso dal gruppo americano. Si tratta infatti di un’artista francese che non conoscevamo, ma siamo stati più che contenti di averla scoperta per caso, passando davanti allo stage Cupra durante la sua esibizione. Synth pop a tratti malinconico, a tratti euforico: la chanson che incontra il neon.
Ed eccoli, i più attesi della giornata: i Beach House. Un’ora e un quarto di puro incanto, cullati da atmosfere oniriche e dolcezza infinita. Decisamente nella top 3 dei concerti di queste giornate. Spiace solo che ci siano state diverse lamentele su persone nell’audience che non hanno la minima idea di come ci si comporti a un concerto, soprattutto di un artista che non si segue particolarmente – e sì, parliamo nuovamente dei tristissimi casi in cui ci si accampa davanti al palco per un artista specifico, per poi trattare con disinteresse (o addirittura disprezzo) gli artisti che si esibiscono nel mezzo, com’era successo ieri con FKA Twigs. Tanta, tanta tristezza, in uno spettacolo così tenero e importante.
Potente è stata anche l’ultima parte della serata, introdotta dai Fcukers (pazzissimi, ma solo in senso positivo) e proseguita alla grande con i TV on The Radio, che dopo 23 anni di attività ormai sanno bene come creare uno spettacolo come si deve. Leggende. Come i The Jesus Lizard, che dall’inizio alla fine ci hanno dimostrato che chi è hardcore fino al midollo sarà sempre tale, anche a distanza di anni e anni. Forti e arrabbiati al punto giusto, sicuramente memorabili.
Un po’ più scanzonati i Carolina Durante, giovanissima band indie rock di Madrid. Molto ironici, noti per far partire poghi con la sigla di “The Office” di sottofondo. Classico humour millennial, insomma. Nonostante il cantante fosse costretto a reggersi sulle stampelle, il loro è stato uno spettacolo davvero interessante, e l’ultimo disco “Elige Tu Aventura” non è sicuramente da meno.
Gran finale con le Wet Leg, a dir poco spaziali, anche se in uno stage decisamente troppo piccolo e un volume un po’ basso. Grande energia e altrettanto grande il calore con cui il gruppo è stato accolto dal pubblico, innamorato sì dell’album eponimo ma anche in hype per il prossimo disco, “moisturizer”, in uscita tra poco più di un mese. Potevamo chiedere un modo migliore per chiudere questa seconda giornata? Assolutamente no.
Nel mentre, sono davvero grandi le aspettative per la giornata di chiusura del festival: Chappell Roan, Fontaines DC, Machine Girl, LCD Soundsystem, e tanti altri ancora ci aspettano.
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