Umbria

Prestito “swap” diventa un salasso, banca condannata a restituire oltre 172mila euro


Il prestito sottoscritto con un contratto derivato, cosiddetto swap, è nullo, banca condannata a risarcire 172.577,02 euro a una imprenditrice, oltre agli interessi legali di sette anni.

I fatti

Il caso risale al 2012, quando limprenditrice, per coprire il rischio di aumento dei tassi di interesse su due finanziamenti a tasso variabile ottenuti dalla banca per un impianto fotovoltaico, aveva sottoscritto un contratto derivato. Tuttavia, l’operazione si rivelò svantaggiosa: per tutta la durata del contratto, la donna ha dovuto corrispondere alla banca differenziali negativi, senza mai beneficiare di flussi positivi. Dopo aver contestato invano l’operato della banca con reclami a partire dal 2018, l’imprenditrice ha deciso di rivolgersi alla giustizia ordinaria, tramite l’avvocato Daniele Fantini.

Le motivazioni della sentenza

Il giudice civile del Tribunale di Perugia ha accolto la domanda di nullità del contratto IRS, ritenendo che mancassero elementi essenziali come il “mark to market”, cioè il valore corrente del derivato, i costi impliciti e gli scenari probabilistici, necessari per una valutazione consapevole del rischio da parte dell’investitore. La sentenza si basa sui principi stabiliti dalla Cassazione secondo cui tali omissioni rendono il contratto nullo per indeterminabilità dell’oggetto e/o della causa.

La banca, rappresentata dall’avvocato Giuseppe Avino, ha eccepito la prescrizione delle domande, sostenendo che l’azione di nullità fosse soggetta a un termine quinquennale. Tuttavia, il Tribunale ha respinto questa tesi, affermando che la nullità per carenza di elementi essenziali non è soggetta a prescrizione. Inoltre, ha ritenuto interrotta la prescrizione dell’azione di restituzione grazie ai reclami presentati dalla imprenditrice nel 2018 e nel 2021.

Il risarcimento

La condanna alla restituzione dei differenziali negativi si basa sui documenti contabili prodotti dalla stessa banca, che attestano gli addebiti subiti dalla donna. La somma di 172.577,02 euro corrisponde ai flussi negativi maturati fino al 2017, escludendo quelli del 2018 per mancanza di documentazione. Gli interessi decorrono dalla data del primo reclamo formale (22 aprile 2018), considerato atto interruttivo della prescrizione.

Le domande respinte

Il Tribunale ha, invece, rigettato la domanda di risarcimento per violazione degli obblighi informativi, ritenendo che la banca avesse adempiuto ai doveri di informazione attiva, come dimostrato dai documenti sottoscritti dalla imprenditrice. In particolare, è emerso che la cliente aveva dichiarato di comprendere i rischi dell’operazione e di avere esperienza in strumenti finanziari complessi. Il giudice ha compensato integralmente le spese tra le parti.


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