Ponte Morandi, per l’accusa anche i vecchi manager sono responsabili del crollo: “Già allora compiute scelte fatali”
Genova. Anche i vecchi manager di Autostrade, quelli che ebbero ruoli di responsabilità negli anni Novanta, sono colpevoli per il crollo del ponte Morandi perché anche all’epoca furono compiute “scelte fatali” in tema di controlli.
E’ la tesi sostenuta oggi dal pm Marco Airoldi, che insieme al collega Walter Cotugno, sta conducendo la requisitoria finale nel processo che vede imputati 57 tra ex manager e tecnici di Aspi e Spea per la strage del viadotto crollato il 14 agosto 2018.
Uno degli imputati su cui si è concentrata oggi l’accusa è Pierluigi Ceseri, che fu sia direttore generale sia amministratore delegato quando il concessionario era ancora pubblico. Ceseri, che oggi ha 83 anni, secondo Airoldi ha due principali responsabilità.
La prima riguarda la nuova convenzione fra Autostrade e Spea che fu siglata nel ’98. Per i pm si è trattato di un punto di non ritorno. Mentre la precedente intesa (quella del 1985) imponeva controlli trimestrali, annuali, straordinari e focalizzati sulla stabilità, la convenzione del 1998 il coordinamento delle verifiche fu di fatto spacchettato con la conseguente assenza di condivisione d’informazioni decisive. L’altra accusa a Ceseri riguarda poi l’aver consentito che nella nuova convenzione fossero legittimate le prove riflettometriche (una verifica della stabilità sulla base di impulsi elettromagnetici) che già precedentemente avevano dato risultati dubbi.
Nell’accusa verso i singoli imputati il pm ha poi esaminato le posizioni di altri manager dell’epoca, in particolare Franco Rapino, allora amministratore delegato di Spea, Alessandro Natali, ex responsabile ufficio manutenzioni 1° tronco di Autostrade, Nicola Spadavecchia, Igino Lai e Agostino Chisari, gli ultimi tre ex direttori di tronco.
L’accusa ha insisto anche oggi, come ha fatto ieri analizzando la posizione di Gabriele Camomilla, sulla responsabilità chi nel 1991 assistette alle ispezioni dei tiranti sulla pila 11, che rivelarono un’importante corrosione, che portò a eseguire interventi decisivi e urgenti su quella pila con la posa dei cavi esterni. La scoperta della corrosione nella pila 11 avrebbe dovuto spingere i manager a estendere controlli accurati anche sulla pila 9, quella crollata.
Il processo adesso si ferma per la pausa estiva e riprenderà a settembre. La sentenza dovrebbe arrivare entro l’estate del 2026.