Liguria

Ponte Morandi, entro metà ottobre le richieste di condanna

Genova. A tre anni dall’inizio del maxi-processo tra qualche settimana il dibattimento per il crollo del ponte Morandi metterà un importante punto fermo con le richieste di condanna da parte della Procura. Ancora incerto invece il destino dell’altro maxi-processo, quello sui controlli di gallerie e viadotti che rischia di essere trasferito a Roma.

Ponte Morandi, entro metà ottobre le richieste di condanna

Il processo riprenderà il 15 settembre dopo la pausa estiva e meno di un mese dopo i pm Marco Airoldi e Walter Catugno chiuderanno la loro requisitoria con le richieste delle pene per i 57 imputati. A seguire parleranno gli avvocati di parte civile e poi sarà la volta degli imputati a difendersi con le arringhe dei loro avvocati. Ma prima di cominciare chiederanno un altro stop di qualche settimana. Il collegio punta ad arrivare alla sentenza prima del prossimo anniversario del crollo quindi entro la prima parte dell’estate 2026.

Cade il reato di attentato alla sicurezza pubblica dei trasporti

Dei reati inizialmente contestati, nel corso della requisitoria i pm hanno optato per abbandonare l’accusa di attentato alla sicurezza pubblica dei trasporti. Era uno dei reati più gravi in quanto “doloso”,  ma secondo la stessa Procura di quel dolo non ci sono prove sufficienti.  Per gli imputati, tra cui l’ex amministratore delegato di Aspi Giovanni Castellucci (oggi in carcere per la strage del bus ad Avellino nel 2013), l’ex direttore centrale operazioni Paolo Berti (detenuto per lo stesso motivo di Castellucci) e l’ex responsabile nazionale manutenzioni di Autostrade Michele Donferri Mitelli, restano numerose imputazioni come il crollo e il disastro colposo e gli omicidi plurimi aggravati a partire dall’omicidio stradale e quello sul luogo di lavoro oltre ai falsi, che tuttavia sono prescritti o lo saranno a breve.

La prescrizione incombe su alcuni reati

Oltre che per i falsi la prescrizione incombe per alcuni altri reati, come quello omicidio colposo stradale e sul lavoro ma solo per gli imputati che erano in carica prima del 8 dicembre del 2005. Per tutti gli altri  la linea per la prescrizione è spostata molto più avanti. E cioè al 2033 per il lavoro e, addirittura, nel 2036 per gli stradali. Sempre nel febbraio prossimo non saranno più perseguibili i reati di lesioni colpose.

ponte morandi bis processo

La tensostruttura dove da tre anni si svolge il maxi-processo

La tesi dell’accusa: la manutenzione carente e la consapevolezza dei rischi

La Procura ha dimostrato come le carenze nelle manutenzione da parte di Aspi e della controllata Spea hanno avuto un ruolo chiave nel cedimento strutturale del viadotto. E secondo l’accusa ad essere responsabile sono tutti i manager da quelli che negli anni Novanta non rafforzarono al pila 9, quando si intervenne sulle altre due, fino a chi ritardò il cosiddetto progetto di retrofitting del ponte che, se fosse stato realizzato in tempo avrebbe salvato 43 vite. E secondo il pm dalle indagini e dal dibattimento è anche emerso come il management di Autostrade per l’Italia fosse pienamente a conoscenza dei rischi e dei deficit sicurezza del ponte e della necessità di chiudere il Morandi al traffico per permettere un restyling completo. E  non lo fecero per profitto, vale a dire per  incrementare i dividendi dell’allora Autostrade per l’Italia. Nel dibattimento sono emerse anche situazioni grottesche come i controlli svolti di notte, con i binocoli e le schede sparite nel nulla.

La tesi delle difese del “vizio occulto” e la risposta dei periti

Le difese degli imputati puntano su un difetto di costruzione sull’antenna dello strallo crollato: una sorta di ‘bolla d’aria che si sarebbe corrosa senza essere visibile ai controlli e che è stata scoperta solo dopo la tragedia. Ma i periti del tribunale, chiamati un anno fa a un supplemento di perizia sul punto, hanno reinviato al mittente (cioè ai consulenti degli imputati) la tesi sostenendo in sintesi che “la quantità di ossigeno necessaria, vista la mole di acciaio corroso, non poteva essere contenuta nella cavità dalla fase di costruzione del ponte”. I periti hanno invece ancora una volta puntato il dito contro i controlli insufficienti e non adeguati: secondo i periti infatti carotaggi e ispezioni dirette sulla sommità della pila 9  avrebbero consentito di scoprire i problemi di sicurezza e quindi di intervenire. Un tipo di controllo, a detta dei periti, “doveroso visto quanto era emerso nelle verifiche fatte sulle altre due pile, sulle quali si era intervenuti”.

Il 30 settembre il verdetto sulle sorti del ‘Morandi bis’: potrebbe essere trasferito a Roma

Intanto si terrà il 30 settembre in camera di consiglio l’udienza in Cassazione che deciderà le sorti del cosiddetto processo Morandi bis, il dibattimento sulla gestione della rete autostradale ligure, nato dopo il crollo del ponte Morandi. L’inchiesta che ha portato al processo verte sui falsi report per accertare le condizioni di gallerie e viadotti, sulle barriere antirumore pericolose e sul crollo di una parte della volta della galleria Berté in A26.

Il processo, appena cominciato davanti al tribunale di Genova con 45 imputati (25 dei quali a processo anche per il crollo del viadotto), potrebbe infatti essere trasferito a Roma per competenza. A sollevare la questione erano stati diversi avvocati degli imputati secondo i quali il reato di falso – il più grave tra quelli contestati – si è consumato a Roma in quanto i report sui controlli di viadotti e gallerie erano inseriti sei server di società autostrade che si trovano nella Capitale.

Se i giudici accoglieranno l’eccezione sollevata dai difensori il processo sarà trasferito a Roma e dovrà cominciare da capo. In caso contrario proseguirà a Genova dove la prossima udienza è già stata fissata il 27 novembre.




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