Umbria

Poliziotto no-vax chiede il risarcimento per il periodo di sospensione, il Tar dice “no”


Sospeso dal lavoro per non essersi sottoposto alla vaccinazione, terminata l’emergenza Covid chiede di essere reintegrato nella sua posizione, recuperando anche il pregresso, ma il Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria gli dà torto.

A ricorrere alla giustizia amministrativa è stato un poliziotto, difeso dagli avvocati Chiara Attala e Massimiliano Napoli, in servizio presso l’Istituto per Sovraintendenti di Spoleto, chiedendo l’annullamento del provvedimento “di immediata sospensione dal diritto di svolgere l’attività lavorativa e dalla retribuzione fino alla comunicazione da parte del dipendente dell’avvio o del completamento del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della dose di richiamo” e comunque non oltre il termine di sei mesi dalla data dell’entrata in vigore degli obblighi vaccinali (oramai decaduti).

Terminata l’emergenza Covid il ricorrente ha chiesto di accertare il diritto “ad essere reintegrato al lavoro nonché a percepire la retribuzione ed ogni altro compenso o emolumento, comunque denominato, relativamente al periodo di sospensione nonché a vedersi riconosciuti i contributi previdenziali nonché a vedersi restituiti la tessera di riconoscimento, la placca, l’arma in dotazione individuale e le manette o in via gradata, dal diritto di percepire la metà degli assegni a carattere fisso e continuativo secondo le disposizione del Codice dell’Ordinamento Militare”. Chiesta anche la condanna del Ministero “al risarcimento in forma specifica del danno ingiusto subito dal ricorrente derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa e di tutti i danni subiti e subendi dal ricorrente, anche in via equitativa ritenuta di giustizia”.

I giudici amministrativi, dopo aver ricordato gli obblighi del dipendente pubblico in relazione alle misure di contenimento del Coronavirus e la numerosa giurisprudenza sul caso, hanno ribadito che “in applicazione del principio generale di corrispettività, al lavoratore sospeso per mancata vaccinazione non spettano lo stipendio ed i corrispondenti contributi previdenziali: il diritto alla retribuzione è, infatti, collegato sinallagmaticamente all’attività lavorativa, che il dipendente non può svolgere per avere scelto di non ricevere il siero anti Sars-CoV-2” e che “non può in un ragionevole e non contraddittorio bilanciamento degli opposti valori contemporaneamente vietare, da un lato, lo svolgimento di prestazioni lavorative da parte di un lavoratore che volontariamente metta a rischio la salute pubblica, violando l’obbligo vaccinale, e dall’altro consentire la pur parziale retribuzione di quello stesso lavoratore, sospeso per effetto di tale violazione”.

Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


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