Pogacar domina il Tour e punta a riscrivere la storia del ciclismo
In questo senso, il Tour stesso ha perso mordente. Come ai tempi di Merckx, anche con Pogacar, nei grandi giri, nessuno ha più il coraggio di opporsi alla sua egemonia. Temendo il peggio, di essere puniti per sfacciataggine, gli altri leader preferiscono starsene a cuccia accontentandosi di un mediocre piazzamento. Non parliamo di un purosangue come Van Der Poel, fantastico cacciatore di tappe, ma di capitani che aspirano al podio. Nessuno alza la testa, nessuno prova a inventarsi qualcosa. In questo ciclismo, nei grandi giri, un “diavolo” come Chiappucci, che non temeva neppure Indurain, non esiste più. L’impresa del Sestriere del 1992 oggi sembra impossibile. Certo con Pogacar è come toccare i fili elettrici, però qualcosa bisogna inventarsi. Non a caso in questo momento hanno più fascino le classiche monumento dove una generazione di altri campioni come Van Der Poel, Evenepoel, Van Aert, rendono la vita più difficile allo sloveno che, comunque, ne ha già centrate nove (2 Fiandre, 3 Liegi, 4 Lombardia). Gli mancano solo la Sanremo e la Roubaix. Un bel bottino se si aggiunge il campionato del mondo e tutto il resto (103 vittorie) che non è poco.
A proposito di titolo iridato: il prossimo mondiale si svolgerà in Ruanda (24 settembre), un appuntamento particolare che fa sicuramente gola a Tadej per un bel bis che gli completerebbe la stagione con il gran finale del Lombardia. Molto Improbabile quindi che partecipi alla prossima Vuelta, anche per come è arrivato in riserva a Parigi.
Le scelte di Tadej
Pur ancora giovane, Pogacar fa già delle scelte. Guarda avanti. A volte, dà perfino la sensazione di correre non tanto contro i suoi contemporanei ma contro la stessa storia del ciclismo. Come se volesse riscriverla, a modo suo però.
Pogacar non è come Merckx che, pur di vincere, finiva stremato al traguardo. E che si logorò fino a quando i medici non l’obbligarono a ritirarsi. Tadej, oltre ad essere il più determinato e il più dotato, è il diamante di una generazione molto diversa da quelle precedenti. Una generazione che sa anche divertirsi, molto connessa e digitale, che parla diverse lingue e che si confronta con gli avversari senza le asprezze di una volta, quando le grandi rivalità infuocavano le corse. Perdono e vincono senza giurarsi vendetta, con una leggerezza che a volte stupisce. Perfino con Vingegaard, anche se non c’è una grande simpatia, non ci sono mai state vere scintille. Qualche occhiataccia, qualche allusione, ma nulla più. Il danese, pur secondo, è però il vero sconfitto. Fa solo il Tour, ma dietro a Pogacar. Solo una volta, a la Plagne, gli è arrivato davanti. Ma senza vincere la tappa. Buono il terzo posto del tedesco Lipowitz (+11’09”) e il quarto dello scozzese Onley (12’12”)
Un fenomeno in bici, normale nella vita
Sul piano privato, Tadej non dà molto da scrivere o parlare. Il gossip gli scivola via. Fidanzato con Urska Zigart, con cui risiede a Montecarlo, anche lei ciclista professionista, quando non corre fa una vita molto semplice. Si allenano spesso assieme, cucinano assieme (piatto preferito la carbonara) , guardano assieme film e serie televisive. Una vita da universitario che studia all’estero, non quella di un super campione da 8 milioni all’anno con contratto con la Uae fino al 2030.
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