Poco carismatico e leader “popolare”: chi è Keir Starmer, il primo ministro del Regno Unito
Keir Starmer è stato eletto primo ministro del Regno Unito nel luglio 2024, dopo le elezioni anticipate indette da Rishi Sunak il 22 maggio dello stesso anno, che hanno consegnato la maggioranza nelle mani dei laburisti dopo 14 anni di governi conservatori.
L’inizio della carriera politica: ministro-ombra e consigliere della Corona
Figlio di un’infermiera e di un artigiano, Starmer è nato nel 1962 nel Surrey, un sobborgo londinese. Dopo gli studi in legge, ha iniziato a lavorare come avvocato specializzato nei diritti umani e, fino al 2013, ha guidato l’ufficio di pubblica accusa del Regno Unito. Nel 2015, è entrato in parlamento come rappresentante della circoscrizione di Holbron and St. Pancras e, durante il suo primo mandato sotto la leadership di Jeremy Corbyn, è stato ministro-ombra per la Brexit. Il suo compito era analizzare e criticare le politiche del governo riguardanti il processo di uscita dall’Unione europea. Nel 2014, inoltre, è diventato membro del Consiglio privato di Sua Maestà.
L’ascesa a guida dei laburisti: “epurazione” dei radicali
Dopo la sconfitta elettorale del 2020 contro i conservatori guidati da Boris Johnson, Starmer è subentrato alla guida dei laburisti con una netta maggioranza del 56% al primo scrutinio. Appena insediatosi, ha dato il via a una profonda ristrutturazione del partito, da alcuni definita come una vera e propria “pulizia interna” e che ha generato accuse di epurazione. Molti membri dell’ala più radicale in politica ed economia, compreso Jeremy Corbyn, sono stati allontanati per presunte tendenze antisemite.
Personalità ed estrazione sociale: le “anomalie” di Starmer
Durante la campagna elettorale, Keir Starmer non è riuscito a suscitare grande entusiasmo tra gli elettori, che hanno percepito la sua immagine pubblica come distaccata e poco carismatica. Gli ultimi sondaggi prima del voto, infatti, hanno dimostrato che l’apprezzamento per il partito laburista era più forte rispetto a quello per il leader. Secondo alcuni osservatori, però, questo dato ha giovato al successo alle urne del nuovo primo ministro, dopo anni di leader “teatrali”. Starmer, inoltre, rappresenta un’eccezione nel panorama politico britannico. A differenza di molti suoi predecessori e contemporanei, infatti, non proviene da un contesto elitario. Bisogna tornare ai tempi di Margaret Tatcher per trovare un capo di partito che non fosse parte dell’high society.
Brexit e collaborazione: il futuro delle relazioni Uk-Ue
Tra i dossier più spinosi su cui il nuovo primo ministro si è messo al lavoro, vi è quello della Brexit. Durante la campagna elettorale, Starmer ha più volte dichiarato la sua intenzione di rispettare il risultato del referendum del 2016 e mantenere il Regno Unito fuori dal mercato unico. Ha però anche espresso la volontà di rinsaldare i rapporti con Bruxelles e di approfondire la collaborazione su temi specifici di interesse comune, come la gestione dei flussi migratori, le politiche ambientali e la mobilità lavorativa.
La crisi di consensi e le tensioni interne al partito laburista
Nel corso dei primi mesi di governo, Starmer si è guadagnato un primato inglorioso: essere il primo ministro con il calo di consensi più rapido della storia moderna britannica. A pesare in negativo su di lui già nell’ottobre scorso, le prime mosse di politica economica e sociale, tra cui il controverso taglio dei sussidi per il caro bollette sul riscaldamento a 10 milioni di pensionati, l’incremento di alcune tasse e le prime anticipazioni sul rigore di spesa.
E il 27 giugno 2025, il premier ha dovuto fare marcia indietro sul piano di tagli al welfare per evitare un’umiliante sconfitta alla Camera dei Comuni, vista la rivolta di oltre 120 deputati laburisti. Secondo i critici, si è trattata di una vera e propria “crisi di autorità” dell’esecutivo dopo meno di un anno di governo.
Le giravolte sulla Palestina
Martedì 29 luglio, Starmer ha annunciato la sua intenzione di riconoscere la Palestina a settembre, a meno che Israele non accetti un cessate il fuoco e la
soluzione a due Stati. Una mossa, questa, che lo allinea a Macron e decisa dopo le pressioni interne dei parlamentari laburisti, tra cui molti ministri, intensificatesi dopo l’aggravarsi della crisi umanitaria nella Striscia.
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