Economia

Poche aziende e scarsa collaborazione: tutti i nodi dell’industria della difesa in Europa

A cura di di Nicolò Geraci

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Uno dei principali problemi del settore della difesa in UE è la sua frammentazione sotto tre punti di vista, tra loro connessi: l’articolazione in 27 forze armate nazionali, la prassi degli Stati membri di acquistare individualmente armamenti e la segmentazione di produzione e attività di ricerca tra i confini nazionali. Questa nota analizza quest’ultimo punto, considerando la struttura dell’industria della difesa nell’UE ed evidenziando i nodi da sciogliere affinché il piano Readiness2030 non solo favorisca l’aumento degli investimenti, ma consenta anche un uso più efficiente delle risorse, riducendo la duplicazione dei progetti, sfruttando le economie di scala, migliorando l’interoperabilità dei mezzi e semplificando le catene logistiche.

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Il recente piano Readiness2030 della Commissione Europea mira a potenziare la capacità di difesa dell’UE. Il piano si inserisce in una lunga, seppure poco efficace, serie di iniziative, avviate negli anni ‘90, volte a creare un mercato unico della difesa e a coordinare fra gli Stati membri la produzione e l’acquisto di armi.[1] Il white paper identifica i sistemi d’arma il cui sviluppo è prioritario, propone di finanziarne l’acquisto congiunto con 150 miliardi di euro, e propone il potenziamento di trasporti e catene logistiche e varie misure per supportare l’industria della difesa, tra cui (i) l’aumento a 2 miliardi l’anno dei finanziamenti della Banca Europea degli Investimenti per progetti per la difesa; (ii) la riorganizzazione degli ordini alle imprese all’interno di quadri pluriennali; e (iii) l’adozione di varie norme per realizzare un mercato unico degli armamenti a partire dal reciproco riconoscimento delle certificazioni dei prodotti.

Questo approccio ha vari vantaggi: da un lato, concentrare gli ordini porta a prezzi migliori e aumenta l’interoperabilità tra i sistemi; dall’altro, concentrare la produzione elimina i progetti “doppione” e crea economie di scala. Il punto di partenza è però problematico. Una precedente nota dell’Osservatorio CPI illustra la frammentarietà degli acquisti tra Paesi UE.[2] Questa nota illustra invece la frammentarietà della produzione.

L’industria europea della difesa

L’industria europea della difesa, seppure in crescita, è molto più piccola di quella statunitense. Nell’area coperta dall’Aerospace and Defense Industries Association of Europe (ASD), che comprende UE, Regno Unito, Norvegia e Turchia, nel 2023 l’industria della difesa occupava 581 mila persone (il 33% in più rispetto al 2014), pari allo 0,2% degli occupati nella sola UE, con un fatturato di 159 miliardi di euro (113 miliardi per l’UE).[3] Nello stesso anno, l’industria della difesa statunitense occupava oltre 1 milione di persone, lo 0,74% del totale, con un fatturato di oltre 400 miliardi di euro.[4] Oltre a essere il maggior esportatore di armi al mondo, l’industria militare statunitense è cresciuta per mantenere una capacità di proiezione delle forze armate all’estero mentre l’UE ha mirato solo alla deterrenza rispetto ad attacchi esterni. Ciò detto, l’incremento delle importazioni di armi dagli USA a partire dall’invasione russa della Crimea nel 2014, e soprattutto dopo l’invasione del resto dell’Ucraina nel 2022, suggerisce l’insufficienza dell’attuale capacità produttiva dell’UE rispetto ai nuovi obiettivi del piano Readiness2030.[5]

Questa insufficienza riflette sia la minore dimensione complessiva dell’industria UE, sia la minore dimensione delle imprese che limita le economie di scala. Secondo il SIPRI, nel 2023 delle prime 100 imprese al mondo per ricavi dalla vendita di armi, solo 18 erano localizzate nell’UE, contro 41 imprese statunitensi, 12 europee non UE, 9 cinesi e 2 russe. Le prime cinque imprese al mondo erano tutte americane (la sesta era la britannica BAE Systems). Nessuna delle 18 imprese UE era inclusa nelle prime dieci (Tav. 1).[6]

Tra le 15 più grandi imprese UE (Tav. 2), le francesi erano le più numerose: sono 5, che diventano 7 includendo quelle in cooperazione con altri Paesi. La Germania ne aveva 3 (4 incluso quelle in cooperazione). Il primo posto è detenuto da Airbus, il gruppo nato dalla fusione di imprese francesi, tedesche e spagnole, con un fatturato dalla vendita di armi di 12,9 miliardi di dollari, e una vasta produzione aerospaziale (satelliti, droni, velivoli militari, tra cui trasporto pesante A400M, la cisterna aerea multiruolo A330, l’elicottero da combattimento Tiger). Segue da vicino il gruppo Leonardo con 12,4 miliardi e una produzione militare multi-dominio (aria, terra, mare, spazio, cyber), incluso un sito di assemblaggio e manutenzione di caccia F-35.

La francese Thales è al terzo posto con 10,3 miliardi, specializzata in elettronica e difese aeree. Il resto delle imprese registra ricavati molto inferiori. La tedesca Rheinmetall, specializzata in veicoli corazzati, sistemi d’arma pesanti e difesa antiaerea, raggiunge i 5,4 miliardi. MBDA, nata da gruppi francesi, inglesi e italiani, e leader in Europa nel settore missilistico, si ferma a 4,7 miliardi.

Il fatturato delle imprese europee è molto inferiore a quello delle americane. Sempre nel 2023 Lockheed Martin Corporation, prima al mondo, fatturava da sola più della somma delle prime 8 imprese dell’UE. Siamo piccoli anche rispetto alle imprese cinesi. Le tre più grandi fatturano 57 miliardi, più della somma delle più grandi sette imprese europee. In termini di volumi, si stima che gli Stati Uniti possano produrre circa 200 caccia ogni anno, di cui oltre 100 F35 (sebbene questo numero includa unità ultimate al di fuori degli Stati Uniti). Numeri simili risultano anche per la Cina. In Europa, invece, la Dassault ha indicato di aver consegnato 21 Rafale nel 2024, mentre circa 20 Eurofighter sono prodotti ogni anno. [7]

Collaborazioni in Europa

La più piccola dimensione delle imprese europee può essere in parte compensata da forme di cooperazione fra queste. Come sottolineato dall’Amministratore Delegato di Leonardo, Roberto Cingolani, dopo l’annuncio della cooperazione tra l’azienda italiana e la tedesca Rheinmetall:

“una scorciatoia per avere più sinergie e per essere più forti nella difesa è quella di creare delle grandi alleanze industriali in cui la sinergia fra un’azienda come Leonardo e un’azienda come Rheinmetall in Germania consente di accelerare il processo di fabbricazione di macchinari molto competitivi, molto sicuri, che altrimenti da soli non avremmo fatto.”[8]

L’accordo tra Leonardo e Rheinmetall prevede una joint venture per sostituire i carri Ariete italiani con un nuovo Main Battle Tank basato sul modello Rheinmetall Panther KF51, e per introdurre il cingolato per la fanteria Lynx[9]. Rheinmetall è anche coinvolta insieme alla BAE Systems nell’ammodernamento dei carri Challenger britannici entro il 2027.[10] Anche nell’ambito dei sistemi terrestri si delineano nuove collaborazioni per lo sviluppo dei corazzati di prossima generazione attraverso il programma Main Ground Combat System, che riunisce Rheinmetall, Thales e KNDS per sostituire i Leclerc francesi e i Leopard 2.[11]

Nel campo aerospaziale, il più fortunato esempio di collaborazione è quello del caccia di quarta generazione Eurofighter Typhoon prodotto a partire dal 1998, e costantemente aggiornato, dal consorzio Eurofighter Jagdflugzeug GmbH facente capo ad Airbus (46%), BAE Systems (33%) e Leonardo (21%). La produzione è sostenuta da un network europeo di 400 imprese e l’aereo è attualmente in dotazione a 9 Paesi.[12] Si noti, però che, inizialmente coinvolta, la Francia decise di uscire dal programma nel 1985 e produrre attraverso la Dassault il proprio caccia Rafale. In campo aeronautico due ulteriori collaborazioni sono previste per lo sviluppo dei caccia di sesta generazione: il Global Air Combat Programme (GCAP), avviato nel 2023 e guidato da BAE Systems insieme a Leonardo, MBDA e Mitsubishi Heavy Industries;[13] e il Future Combat Air System (FCAS), a cui lavorano Dassault, Airbus e la spagnola Indra Sistemas dal 2019.[14] Entrambi i programmi dovrebbero diventare operativi tra il 2035 e il 2040. Airbus, Thales e Leonardo hanno inoltre annunciato di essere al lavoro per un’alleanza nel settore dei satelliti.[15]

Tutto sommato, si tratta di utili cooperazioni, ma che restano limitate a iniziative specifiche, ispirate dalla volontà di piccoli gruppi di Paesi e talvolta in cooperazione con imprese non UE, al di fuori di una strategia complessiva per l’Unione.

Investimenti per l’innovazione

Anche la spesa UE in Ricerca e Sviluppo (R&D) è inferiore a quella statunitense e frammentata tra i confini nazionali. Secondo la European Defence Agency (EDA), nel 2023 gli Stati membri hanno investito 11 miliardi di euro in R&D, cifra che salirebbe a 15,1 miliardi considerando anche gli investimenti privati nelle industrie aerospaziali e militari. A confronto, gli Stati Uniti hanno speso per la ricerca 129 miliardi di euro all’interno del budget 2023 del Dipartimento della Difesa.[16] La Cina, secondo il SIPRI, avrebbe investito circa 21 miliardi di euro nello stesso anno.[17]

All’interno della R&D, l’EDA distingue una componente denominata Research and Technology (R&T), che comprende la ricerca di base, applicata e le dimostrazioni tecnologiche con potenziali ricadute anche in ambiti non militari. Si tratta delle fasi iniziali del processo innovativo, che non comprendono ancora lo sviluppo avanzato orientato alla produzione. La spesa degli Stati UE in R&T è quasi triplicata tra il 2018 e il 2023, raggiungendo i 4 miliardi di euro (Fig.1), e passando dal 4,2% delle spese per armamenti al 5,6%. Tuttavia, la minuta cifra investita in progetti collaborativi (tra almeno due Stati membri) è rimasta intorno ai 260 milioni, riducendo la quota di risorse R&T impiegate congiuntamente dal 10,78% al 6,56%.

Il basso livello della spesa per R&D è problematico anche in termini di ricadute per l’intera economia. La maggior parte della spesa militare ha natura corrente, non accrescendo le capacità produttive dell’economia. Al contrario, la ricerca nel settore della difesa, oltre a essere vitale per la capacità strategica nel lungo periodo, genera esternalità positive per gli altri comparti: dai sistemi di comunicazione alla robotica, fino all’intelligenza artificiale, sono numerosi i casi di tecnologie civili sviluppate a partire da progetti di ricerca militari.[18]

[1] Béraud-Sudreau, L., A. Pannier (2021). “An ‘Improbable Paris-Berlin-Commission Triangle’: Usages of Europe and the Revival of EU Defense Cooperation after 2016”, Journal of European Integration 43, 295–310.

[2] Vedi la nota “13 tipi di carri armati e 14 tipi di caccia in UE: non sono troppi?”.

[3] Dato stimato ipotizzando che la quota del fatturato relativo alla vendita degli armamenti sia lo stesso tra imprese dell’area ASD e UE.

[4] Vedi Aerospace Industries Association e la classifica top 100 globale per vendite di armi elaborata dallo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI).

[5] Secondo il SIPRI, le importazioni degli Stati NATO europei sono salite del 105% nel periodo 2020-2024 rispetto al 2015-2019. Gli USA avrebbero fornito il 64% di questi armamenti.

[6] Nell’UE sono inoltre presenti circa 2.500 piccole e medie imprese nel settore della difesa, di cui 229 in Italia. European Commission, The defence transfer directive. Handbook for SMEs, Luxembourg, October 2021.

[7] Si vedano gli articoli di Bloomberg, Dassault, Simple Flying e Aviation Week.

[8] LaPresse, “Ue: Cingolani, per essere più forti nella difesa creare grandi alleanze industriali”, 26 marzo 2025.

[9] Comunicato Stampa della società Leonardo, “Nasce la Joint Venture Leonardo Rheinmetall: nuovo player nella produzione europea dei sistemi di difesa terrestre”, 15 ottobre 2024; Dragoni, F., “Leonardo-Rheinmetall, firmata l’intesa sui carri armati”, ilSole24ore, 3 luglio 2024.

[10] Sito web della Rheinmetall BAE Systems Land Limited.

[11] Abboud, L., Pfeifer, S., “France and Germany back ‘milestone’ development in joint tank project”, Financial Times, September 21 2023. Sulle indiscrezioni circolate a settembre 2023 circa il tentennamento della Germania verso un presunto programma rivale con Italia, Spagna e Svezia vedi Ippolito, V., “Germany Back with France on MGCS after Rumours of a Separate Tank Project with Italy, Spain and Sweden”, September 25 2023, FINABEL.

[12] Sito web del programma Eurofighter.

[13] Neumann, N., GCAP alliance signs treaty for sixth-generation fighter and establishes UK as programme HQ, Shephard News, 14 dicembre 2023.

[14] Pfeifer, S., Buck, T., “Spain joins Franco-German alliance to develop fighter jet”, Financial Times, 17 giugno 2019.

[15] Rossi, C., “Airbus, Thales e Leonardo lavorano per un gigante europeo dello spazio”, Start Magazine, 29 gennaio 2025.

[16] Circa 140 miliardi di dollari nel 2023. Office of the Under Secretary of Defense (Comptroller) (2023). “National Defense Budget Estimates for FY 2024”. La definizione EDA di “Research and Development” e quella USA di “Research, Development, Test, and Evaluation”, sono largamente sovrapponibili.

[17] SIPRI 2023 yearbook database.

[18] Si veda Mowery, D. C. (2009). “National Security and National Innovation Systems”. The Journal of Technology Transfer, 34 (5), pp. 455–473 e Iori, M., Martinelli, A., Mina, A. (2022). “The direction of technical change in AI and the trajectory effects of government funding”. LEM Working Paper, (Vol. 2021).


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