Più di mille avventure ma solo quattro grandi amori: la vita sentimentale di Nicola Pietrangeli
Con Licia Colò c’erano trent’anni di differenza d’età e quando finì la loro storia, Pietrangeli ci rimase male: «Pensavo che sarebbe stata la storia definitiva. Per lei mi ero trasferito a vivere a Casal Palocco: tanto carino, per carità, ma per uno come me abituato a Roma nord, è stata una grande prova d’amore. Mi dicevano tutti all’epoca: “Ma dai che ci vuole? In 20 minuti sei a Palocco”. Sì, magari… alla fine ho comprato casa e mi sono trasferito a un passo dal mare, in mezzo al verde». Licia Colò, tra le sue compagne, è stata diversa: «Mi diceva scherzando: “Certo che ti faccio risparmiare un sacco di soldi. Non mi piacciono i gioielli e detesto pure le pellicce”. In compenso faceva degli spaghetti con i capperi di Pantelleria divini». Quando lo lasciò, le chiese se avesse un altro: «Ma lei ha sempre negato. Chissà, non ci metterei la mano sul fuoco… Le corna invece, me le hanno messe, eccome, mia moglie Susanna e poi Lorenza».
Con Paola, la compagna che ha avuto per ultima, conosciuta «per caso», «non ha funzionato, anche qua, perché non ho voluto mettere su casa insieme a lei. Non perché non volessi, era la persona giusta, ma perché era complicato logisticamente».
In un’intervista a Repubblica disse che non tradì mai queste quattro donne per lui importanti: «Salvo una volta, a Montecarlo, ma neanche si può chiamare tradimento. Mi ritrovai in camera con una ex e a un certo punto mi sono pure addormentato».
Anche se ha avuto solo quattro grandi amori, Nicola Pietrangeli aveva fama di playboy: «Mi dicevano che facevo la dolce vita, ma non è vero, io a via Veneto non sono mai stato, perché d’estate giocavo. Ho sempre preferito una donna bella che mi diceva di no a una brutta che mi diceva di sì. Ma le donne amano le uniformi: se sei presentabile, giochi bene a tennis, sei vestito di bianco su di un campo rosso, qualche vantaggio ce l’hai». È vero, tuttavia, che non mancavano le distrazioni, come raccontò una volta al Messaggero: «Se ci fossero stati i premi attuali, sarei andato a dormire alle 10 di sera. Ma io all’epoca “abitavo” al Crazy Horse. Ero diventato amico del proprietario. Mi fece conoscere la bellissima Candida, che sotto la pelliccia non indossava niente». Candida, nome d’arte di Catherine Jajensky, polacca, artista del celebre locale parigino: «Il suo numero era il bagno di mezzanotte: arrivava sul palco e faceva il bagno in una vasca di cristallo. Girava su una Buick bianca decappottabile. Su cui entrai al Roland Garros, la domenica della finale del 1959, con lei a fianco». Era il giorno della vittoria: «Uscii in tripudio, tenuto d’occhio dalla squadra Narcotici. La Buick era appartenuta all’ex di Candida, Jacques Angelvin, il Mike Bongiorno francese: arrestato perché teneva la droga nel paraurti».
Ebbe una cotta anche per Marta Marzotto: «Ero a Palermo per un torneo, era la prima volta che prendevo l’aereo in vita mia. Noto questa modella stupenda, Marta. Torniamo a Roma insieme e la invito a cena. Risponde: volentieri, il mio fidanzato non c’è. Entrai nel panico: non avevo una lira, non avevo neppure la macchina… Ma quando l’autobus da Fiumicino arrivò a Termini, c’era il fidanzato ad aspettarla: Marzotto, appunto. Mi risolse il problema».
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